Parlamento europeo: elezioni e Web, servono regole

Parlamento europeo: elezioni e Web, servono regole

L'Europarlamento chiede misure di controllo e prevenzione per evitare distorsioni su opinione pubblica e intenzioni di voto prima delle elezioni.
Parlamento europeo: elezioni e Web, servono regole
L'Europarlamento chiede misure di controllo e prevenzione per evitare distorsioni su opinione pubblica e intenzioni di voto prima delle elezioni.

Il Parlamento Europeo, che viaggia ormai verso nuove elezioni entro la prossima primavera, intende affrontare fin da subito un problema che ormai è evidente e non più procrastinabile: le elezioni ai tempi del Web, con tutte le distorsioni che i nuovi media hanno introdotto nel rapporto tra candidati ed elettori, sistema elettorale e strumenti di voto, propaganda politica e dibattito nell’opinione pubblica.

L’Europarlamento coglie al balzo l’opportunità offerta dallo scandalo Cambridge Analytica, ma estende giustamente il discorso ad una questione di contesto: non è più possibile ignorare il fatto che il Web possa incidere pesantemente sulle dinamiche di voto, quindi occorre ripensare l’intera liturgia che porta le persone alle urne e tutta la complessa struttura legislativa che ha finora protetto le schede elettorali da possibili manomissioni, propagande e inquinamenti di ogni tipo.

La richiesta giunge dal Parlamento Europeo per mezzo di una risoluzione legislativa adottata per alzata di mano: l’obiettivo è anzitutto uno studio approfondito sulle azioni di Facebook e sul modo con cui ritiene di poter corrispondere alle proprie responsabilità, ma si estende ad una più generale formulazione di misure contro la manipolazione elettorale (a maggior ragione se in mano a possibili ingerenze straniere).

Audit completo su Facebook

i deputati chiedono a Facebook di consentire agli organi dell’UE di effettuare un audit completo per valutare il livello di protezione e sicurezza dei dati personali degli utenti, a seguito dello scandalo in cui i dati di 87 milioni di utenti Facebook sono stati acquisiti e utilizzati in modo improprio.

Le istituzioni europee intendono mettere all’angolo Facebook, numero uno tra i social network, contestando il fatto di aver violato tanto la fiducia dei cittadini, quanto le normative europee: un pieno, immediato e completo allineamento ai principi della GDPR dovrà pertanto essere una assicurazione completa in vista della prossima tornata elettorale.

Misure contro la manipolazione elettorale

Da sempre le normative nazionali e comunitarie tentano di arginare tutte quelle dinamiche che potrebbero deviare in modo doloso e forzoso l’opinione pubblica. Ora che l’opinione pubblica si crea e si propaga sempre di più tramite canali digitali, viene a crearsi un attrito tra due realtà a contatto che viaggiano però a velocità differenti: da una parte le normative, rimaste ai paradigmi dei vecchi media, e dall’altra l’innovazione tecnologica che ha messo a tutti in tasca uno smartphone e svariati social network. A tutto ciò si aggiungono i problemi (ancora non chiariti fino in fondo) legati a Cambridge Analytica e al Russiagate, nonché ai dubbi relativi al possibile inquinamento del referendum sulla Brexit.

Quello che chiede ora l’Europarlamento è l’inizio di un processo di approfondimento che abbia lo scopo di “evitare l’ingerenza elettorale attraverso i social media“. Si tratta di una missione complicatissima, poiché impone il discernimento tra quella che è la comunicazione tradizionale (con relativa propaganda elettorale) e quelle che potrebbero essere le dinamiche da mettere all’angolo. Tali dinamiche vanno però anzitutto definite, quindi riconosciute e solo infine bloccate. Al momento si è però ancora ad una mozione di principio, frutto più di una pulsione all’azione che non di obiettivi realmente predeterminati, per la quale gli europarlamentari propongono:

  • «l’applicazione delle tradizionali garanzie elettorali “offline” anche online: norme sulla trasparenza e i limiti di spesa, il rispetto dei periodi di silenzio e la parità di trattamento dei candidati»: questa mission nasce già probabilmente con il piede sbagliato, perché adattare le regole valide “offline” ad una realtà come quella “online” è di per sé una contraddizione nei termini ed un modo di procedere che non può portare a grossi risultato (con la seria possibilità di problemi, però, in termini di libertà di espressione);
  • «facilitare il riconoscimento degli annunci politici a pagamento online e dell’organizzazione che li sostiene»: una trasparenza che non dovrebbe avere confini tra “online” e “offline”, a beneficio di un principio di trasparenza che deve essere universale;
  • «vietare la profilazione a fini elettorali, compreso l’uso di comportamenti online che possono rivelare preferenze politiche»: mozione di difficile applicazione, ma meritevole nelle finalità;
  • «le piattaforme di social media dovrebbero etichettare i contenuti condivisi dai bot (web robot), accelerare il processo di rimozione degli account falsi e collaborare con fact checker indipendenti e il mondo accademico per combattere la disinformazione»: rimuovere i bot dal dibattito politico potrebbe ridurre fortemente i dubbi su taluni fenomeni improvvisi, ma responsabilizzare esclusivamente i social media su questo fronte potrebbe rivelarsi un errore di principio;
  • «che le indagini sulla presunta violazione dello spazio politico online da parte di forze straniere dovrebbero essere svolte dagli Stati membri con il sostegno di Eurojust».

Si tratta di una questione globale, che ha già influenzato i nostri referendum e le nostre elezioni. Questa risoluzione stabilisce le misure necessarie, tra cui un audit indipendente di Facebook, un aggiornamento delle nostre regole sulla concorrenza e misure aggiuntive per proteggere le nostre elezioni. Occorre agire ora, non solo per ripristinare la fiducia nelle piattaforme online, ma anche per proteggere la privacy dei cittadini e ripristinare la fiducia nei nostri sistemi democratici.

Claude Moraes, presidente della commissione per le libertà civili

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Pubblicato il
25 ott 2018
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