L’Unione Europea vota per il muro contro muro: nonostante le lettere e gli appelli inviati anche dai membri del Congresso USA , il Parlamento del Vecchio Continente ha dato parere favorevole alla risoluzione che potrebbe mettere in seria difficoltà tutte le aziende che abbiano acquisito una posizione dominante nel mercato unico digitale. Di Google non si fa mai il nome in modo esplicito , ma è evidente che l’iniziativa partita dai rappresentanti tedeschi in quota CDU punti proprio a mettere sulla graticola il search di Mountain View.
La decisione del Parlamento non è vincolante , né per l’azienda né per la Commissione visto che è questa l’organo dotato di poteri utili a mettere in pratica propositi di scorporo e separazione. Tuttavia i rappresentanti a Bruxelles hanno votato a larga maggioranza, 384 favorevoli e 174 contrari (56 astenuti), per tentare di fare pressione sia su Google che sull’organo esecutivo della UE: “il mercato di ricerca online è particolarmente importante per garantire condizioni concorrenziali all’interno del mercato unico digitale” si legge nella dichiarazione finale , con l’invito esplicito alla Commissione a “impedire qualsiasi abuso nella commercializzazione di servizi interconnessi da parte dei gestori dei motori di ricerca”.
In altre parole, viene messo in discussione il cuore stesso del business di Google: il suo search è basato su algoritmi soggetti al segreto industriale, ma ciò cozza con l’auspicio del Parlamento affinché “l’indicizzazione, la valutazione, la presentazione e la classificazione effettuate dai motori di ricerca devono essere imparziali e trasparenti”. Mancando tale trasparenza, e traendo Mountain View i propri profitti da altre attività legate al search, il Parlamento incita la Commissione “a prendere in considerazione proposte volte a separare i motori di ricerca da altri servizi commerciali”. La separazione della ricerca dall’advertising e ogni altra forma di business secondo il Parlamento è la ricetta giusta per venire a capo della questione: sempre che , dopo anni di indagini, si arrivi effettivamente alla conclusione che Google occupa una posizione di dominio nel mercato del search.
Lo scopo di questa separazione sarebbe quello di ristabilire l’equità nel trattamento riservato ai diversi siti e servizi indicizzati dal motore di ricerca: se Google offre un prodotto commerciale per le recensioni dei ristoranti quest’ultimo deve essere trattato alla stregua di quelli concorrenti, indicizzato e presentato in modo analogo, e l’unico modo per garantire la parità potrebbe essere secondo la UE tenere distinte le gestioni dei prodotti dal search. Un’idea che a giudizio delle associazioni dell’industria di settore d’Oltreoceano è però più “politica” che pratica, e “molto preoccupante”: il rischio ravvisato è una grave interferenza con la libera concorrenza sul mercato, vero e proprio pallino e stella polare dei legislatori e regolatori statunitensi.
Fino a questo punto la questione dello scorporo del search da parte di Google non è mai neppure stata presa in considerazione dalla Commissione Europea: il neo-commissario Margrethe Vestager ha già chiarito di volersi formare un’idea ben precisa dello stato delle cose, sentendo tutte le parti in causa e procedendo con cautela prima di prendere ogni tipo di decisione. L’altro commissario all’economia digitale, Gunther Oettinger , è intervenuto subito per chiarire che lui stesso non ritiene che la separazione sia una soluzione adatta per la questione : “La separazione obbligatoria non penso sia la soluzione migliore” ha detto commentando la risoluzione votata dal Parlamento, aggiungendo anche che “la risoluzione del Parlamento è un parere importante che sottolinea quali siano le decisioni che devono essere prese dalla Commissione”, ma ha anche concluso che “più che di separazione, parlerei di applicazione coerente del diritto europeo sulla concorrenza”.
Quella che si profila è una vera e propria contrapposizione netta tra i diversi approcci regolatori adottati storicamente da Europa e Stati Uniti: da sempre gli USA sono stati tendenzialmente convinti che il mercato debba essere lasciato libero di evolversi autonomamente , e solo in presenza di gravi violazioni evidenti delle norme della concorrenza sia necessario intervenire per porvi un freno. Da parte sua, invece, l’Unione Europea si è sempre mossa in anticipo cercando di indirizzare più che di raddrizzare le situazioni: il caso del diritto all’oblio è l’esempio più recente di queste differenze, ma esattamente come in questo caso pone in evidenza la difficoltà e i limiti dell’attuale impianto regolatorio, che cerca di normare materie in cui si muovono aziende multinazionali che rispondono in prima battuta al diritto statunitense invece che a quello del Vecchio Continente.
A margine di questo voto, il Parlamento ha anche ribadito la sua posizione favorevole alla abrogazione delle tariffe di roaming internazionale all’interno della UE e il pieno sostengo al principio di neutralità della rete . Quasi nello stesso momento si andava arenando la proposta italiana in materia , alla luce delle divergenze tra i rappresentanti dei diversi paesi membri che non è stato possibile sanare nonostante gli sforzi della Presidenza. I deputati hanno infine anche preso posizione sul cloud computing, auspicando un quadro regolatorio comune che semplifichi la gestione di questioni relative a privacy e interoperabiltà.
Luca Annunziata