Si torna a parlare di robot e la notizia arriva nientepopodimeno che dall’Italia. Precisamente da Pisa – da dove i cervelli non mancano e a volte non scappano – e nello specifico dalla più che rinomata Scuola Superiore S. Anna . Il comunicato parla chiaro: “È pronto il primo robot per il condominio, una sorta di portiere hi-tech, con tanto di cravattino giallo come uniforme, capace di sorvegliare il viavai del portone con i suoi occhi rotondi e vivaci, dotato di un comodo vassoio per consegnare ai condòmini posta, pacchi e magari anche la spesa, muovendosi sicuro sulle ruote”.
Condòmini, se in età avanzata, a loro volta assistiti dalla versione domestica (anzi “badante”) dell’umanoide, anche questo figlio del Sant’Anna, che grazie al braccio meccanico sarà in grado di afferrare e porgere oggetti , così come aprire la porta di casa a chiunque dovesse bussare; incluso al portiere robotizzato e incravattato, nell’atto quotidiano di smistare e consegnare la posta. E poi, chissà, da cosa nasce cosa…
Nel frattempo a Bruxelles non perdono tempo, tant’è che è stata presentata una proposta di legge che in un certo senso intende regolarizzare i robot che prima o poi invaderanno le nostre case . Come? Imponendo in primis la registrazione in un’apposita anagrafe (una sorta di “Pubblico Registro Robot”, e fin qui nulla di strano), ma soprattutto la creazione di un fondo atto a coprire gli eventuali danni causati dagli stessi. Non solo: si parla esplicitamente di “istituzione di uno status giuridico specifico per i robot, di modo che almeno i robot autonomi più sofisticati possano essere considerati come persone elettroniche con diritti e obblighi specifici, compreso quello di risarcire qualsiasi danno da loro causato, nonché il riconoscimento della personalità elettronica dei robot che prendono decisioni autonome in modo intelligente o che interagiscono in modo indipendente con terzi”. Altro che tre leggi di Asimov , qui (anzi lì, a Bruxelles) la cosa si fa seria.
Di robot più o meno intelligenti e più o meno umanoidi se n’è sempre parlato. Prima solo in letteratura, quasi un secolo fa quando fu coniata proprio la parola robot , poi, grazie alle tecnologie via via disponibili, anche nel cosiddetto mondo reale, con proposte di tutti i tipi, per tutti i gusti, quasi mai per tutte le tasche. E per fortuna: altrimenti la fregatura non l’avrebbero presa solo pochi facoltosi, ma sarebbe diventata un problema di massa.
Mi torna alla mente l’ Androbot Topo , provato sul numero 31 di MCmicrocomputer. Siamo nel 1984, anno in cui ben altro topo vide la luce, quello del primo Mac che fece davvero la storia. Era venduto all’epoca alla bellezza di circa 4 milioni di lire che, vi assicuro, valevano ben oltre gli ipotetici 4.000 euro di oggi, al fanta-cambio 1 euro = 1.000 lire.
Ma il bello, anzi il brutto, è che questo “coso” – le cui sembianze vagamente umane complicavano penosamente lo scenario – non serviva assolutamente a nulla, nonostante l’entusiasmo manifestato da più parti, in tutto il mondo. Per farlo funzionare bisognava programmarlo da computer, con un apposito linguaggetto di programmazione creato ad hoc per “lui”, il TopoForth (sigh!).
In che modo? Semplicissimo, con comandi del tipo: 100 FWD 180 200 ARC 50 FWD 90 RIGHT per far sì – cito testualmente “che Topo avanzi di un metro, percorra un semicerchio lungo due metri ruotando verso destra, proceda di altri 50 centimetri e si fermi girandosi di 90 gradi verso destra sul posto”. Teoricamente!
Infatti, oltre a impostare un percorso, da compiere nella stessa stanza dov’era posizionato il computer “pilotante” (essendo la comunicazione a raggi infrarossi), e a fargli pronunciare qualche parola o cantare una canzoncina non si andava oltre. Non era dotato di alcun tipo di sensore per evitare ostacoli e per di più l’interfacciamento wireless con il PC era assolutamente unidirezionale, ovvero il software impartiva gli ordini ma non riceveva alcun feedback di avvenuta, ancorché corretta, esecuzione. Per farla breve: una tragedia!
Eppure già a quei tempi (ben 32 anni fa) sembrava che di lì a poco saremmo stati invasi da oggetti di questo tipo, mentre sappiamo bene com’è andata a finire. Li stiamo ancora aspettando e, temo, dovremo attendere ancora un bel po’ per vederli (utilmente) nelle nostre case. Magari senza cravattino ed eccessive, quanto inutili (e diciamola tutta, per nulla rassicuranti) sembianze umane, specie quando queste non portano alcun valore aggiunto al dispositivo e alla sua reale utilità.
Andrea de Prisco – AdP
Giornalista e Consulente informatico “da sempre”, ha collaborato per quasi 20 anni con MCmicrocomputer .