Paul Ceglia non ha mai posseduto Facebook

Paul Ceglia non ha mai posseduto Facebook

Il giudice rigetta definitivamente le pretese di una percentuale del pacchetto azionario. Mentre prosegue l'inchiesta che ritiene l'imprenditore reo di aver falsificato alcuni documenti
Il giudice rigetta definitivamente le pretese di una percentuale del pacchetto azionario. Mentre prosegue l'inchiesta che ritiene l'imprenditore reo di aver falsificato alcuni documenti

Paul D. Ceglia, sedicente investitore della prima ora, non ha mai posseduto alcuna quota di Facebook: le prove da lui presentate non hanno retto il giudizio di un tribunale, e ora arriva la decisione finale sull’intera vicenda. Un giudice ha deciso per l’archiviazione definitiva del procedimento , mentre proseguono le indagini e resta in piedi l’ incriminazione per falso e truffa che ha condotto l’ex-imprenditore in carcere nel 2012.

Il giudice distrettuale Richard J. Arcara ha decretato l’archiviazione del caso nell’ultima udienza: le email che Ceglia e Zuckerberg si sarebbero scambiati nel 2003, il contratto con cui Mark cedeva a Paul l’84 per cento di Facebook in cambio di 1.000 dollari, non hanno retto le verifiche in tribunale. L’orientamento del giudice era apparso chiaro sin dallo scorso anno, ma la decisione di questa settimana mette definitivamente una pietra su tutta la questione partita nel 2010 .

Nel corso della sua azione, Ceglia aveva sottoposto come prove un documento di due pagine in cui si perfezionava un accordo tra lui e Mark Zuckerberg per un lavoro di sviluppo per il defunto sito StreetFax , nonché uno scambio di quote per il progetto “The Face Book” che il fondatore del più grande social network planetario stava elaborando durante la sua permanenza come studente ad Harvard. A questo, in seguito, Ceglia aveva aggiunto uno scambio epistolare a mezzo posta elettronica in cui egli stesso discuteva con Zuckerberg di dettagli e futuri sviluppi del futuro successo. Tutte prove che non hanno retto l’analisi dei periti : sin dal principio Facebook non ha negato l’esistenza di un rapporto di lavoro intercorso tra il suo fondatore e l’imprenditore, che l’aveva assoldato via Craigslist, ma aveva messo in discussione la veridicità delle affermazioni di Ceglia.

Il tribunale alla fine ha dato ragione a Facebook. Ceglia aveva falsificato i documenti, tanto è vero che le indagini a suo carico proseguono : come detto è accusato di aver falsificato i documenti (creando da zero probabilmente lo scambio epistolare e creando un collage di vecchio e nuovo per mettere in piedi il contratto). In questo modo Mark Zuckerberg si scrolla di dosso l’ultima delle cause che metteva in discussione la paternità dell’idea di Facebook, dopo aver rintuzzato le richieste dei gemelli Winklevoss e del suo primo socio Eduardo Saverin .

Luca Annunziata

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Pubblicato il
27 mar 2014
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