Qual è il ruolo di Telegram nella guerra in Ucraina? Si tratta sicuramente di un ruolo importante, pur se delicato: il fondatore, Pavel Durov, è di origine russa, ma al tempo stesso ha un passato burrascoso fatto di difficili rapporti con il regime. Dopo aver fondato e guidato Vkontakte prima di lasciarlo nelle mani del cerchio magico di Vladimir Putin, Durov ha lasciato la Russia con fare polemico e con la promessa di non rimetterci piede. Oggi ha passaporto francese e guida un software che può avere importanza particolare nella circolazione delle notizie.
Nei giorni scorsi è trapelata l’ipotesi di una stretta da parte di Telegram alle informazioni circolanti, con possibili filtri in arrivo per limitare la disinformazione e la propaganda. Secondo quanto indicato in un nuovo post, però, Durov ha desistito e le misure ipotizzate non saranno applicate:
Molti utenti ci hanno chiesto di non considerare la disabilitazione dei canali Telegram per il periodo del conflitto, poiché per loro siamo l’unica fonte di informazioni. In relazione a questi ricorsi, abbiamo deciso di non prendere in considerazione tali misure. Tuttavia, ancora una volta vi chiedo di ricontrollare e di non prendere per fede i dati che vengono pubblicati sui canali Telegram in questo periodo difficile.
Un appello alla responsabilità, insomma, ma al tempo stesso il tentativo di lasciare ancora una volta il messenger quanto più aperto possibile. In queste ore di chiamata alla responsabilità (le parole di Roberta Metsola, Presidente del Parlamento Europeo, sono state chiare in tal senso: “la tecnologia non può restare neutrale tra due fuochi“), Durov ha preso la propria posizione e le sue scelte saranno inevitabilmente lette dietro la doppia lente del suo passato: sangue russo, ma proprio per questo non necessariamente pro-Putin. Inevitabilmente le scelte di Telegram pesano molto di più, insomma, ed hanno un ruolo politico più ampio di quelle che non potrebbero essere le decisioni scontate di Meta, Apple o Google.