Quanto costa un PC zombi? Poco, molto poco secondo le investigazioni di Finjan , società di sicurezza californiana che nel suo ultimo rapporto ha raccolto informazioni e cifre su Golden Cash , un hub sotterraneo in cui si incontrano esponenti di entrambe le parti del lucrativo business del cybercrime: venditori di network malevoli e acquirenti desiderosi di fare soldi in fretta , con una spesa minima e senza sforzo.
Su Golden Cash si vendono e si comprano botnet, sostiene Finjan, generalmente in blocchi da mille PC e con un prezzo variabile in proporzione alla parte del mondo in cui si vuole che il network sia operativo . Si tratta in ogni caso di cifre abbordabilissime da chiunque, fatte salve le notevoli differenze di prezzo per il paese scelto dall’acquirente: in Giappone 1.000 PC zombi costano 5 dollari totali, 50 se la botnet si trova negli USA e 100 in Australia.
Se non è presente il tipo di “prodotto” desiderato, il cybercriminale wannabe non deve far altro che piazzare una richiesta su Golden Cash e aspettare che qualcuno risponda con la quantità e la quantità di sistemi compromessi indicata.
Una volta ottenuto il controllo delle botnet l’acquirente è in grado di mettere in pratica ogni genere di crimine possibile in Rete, dallo spam al furto di informazioni personali e finanziarie. Tra i servizi previsti da Golden Cash c’è anche la possibilità di “migliorare” il prodotto aggiungendo nuovi sistemi di infezione , toolkit per exploit e per la creazione di malware con cui allargare il campo di influenza del network malevolo .
È anche possibile raccogliere credenziali di accesso per server FTP, avverte ancora Finjan, rendendo ancora più allettante un sistema che secondo le evidenze raccolte dagli analisti americani rappresenta una piattaforma di business altamente lucrativa, capace di offrire un veicolo di guadagno (ancorché illecito) sempre più attraente in un periodo di recessione economica come quello attuale. Qualcosa di simile , ma al confine tra ciò che è lecito e ciò che quasi non lo è più, si era già vista anche da quest’altra parte dell’Atlantico.
Alfonso Maruccia