Roma – Riceviamo a volentieri pubblichiamo un comunicato della società Pcbox, che chiarisce alcune notizie circolate in rete in questi giorni a proposito di un caso dirimente nel mondo videoludico. Ecco di seguito il testo completo:
Firenze, 27 Gennaio 2009 – “La società Pcbox s.r.l. (di seguito “Pcbox”), a seguito della pubblicazione di notizie inesatte e lesive della propria reputazione commerciale, si vede costretta ad uscire dal riserbo che si era imposta e a puntualizzare quanto segue.
Il giudice designato dal Tribunale di Milano, in primo luogo, non ha emesso alcuna “sentenza di condanna”, ma semplicemente un’ordinanza in sede cautelare e sommaria (con verifica limitata per legge al cosiddetto “fumus boni juris” e non certo alla fondatezza della domanda avversaria) che è stata reclamata nei termini di legge. Il Tribunale di Milano, in composizione collegiale, ha fissato l’udienza del 5 febbraio 2009 per la trattazione dell’impugnazione. Lo stesso primo giudice, peraltro, ha respinto la richiesta di pubblicazione del provvedimento cautelare, inopinatamente “riassunto” dai media con frasi decontestualizzate e “liberamente” estrapolate dalla motivazione.
Pur senza entrare nel merito, Pcbox ritiene doveroso precisare che la vicenda non ha nulla a che vedere con pratiche assimilabili alla cosiddetta “pirateria” attenendo, piuttosto, ai più elementari diritti dei consumatori che, secondo taluni, non avrebbero il diritto di fruire, sull’hardware acquistato a caro prezzo, di software “non ufficiale”, ovverosia di programmi realizzati da sviluppatori indipendenti. Non a caso il sequestro di recente eseguito presso la sede legale su impulso di Nintendo ha dato esito negativo.
Confidando in rapido e definitivo chiarimento della Magistratura, Pcbox anticipa che ha dato mandato ai propri legali, coordinati dall’avvocato Sandro Guerra di Firenze, per la presentazione di un esposto all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e alla Commissione Europea (DG Competition) al fine di far verificare dagli organi antitrust se sia legittimo l’impiego di asserite misure tecnologiche di protezione per tutelare non già il sacrosanto diritto degli autori e degli sviluppatori di software, bensì rendite di mercato derivanti dalla posizione dominante di alcuni operatori economici, tra i quali coloro il cui obiettivo pratico parrebbe essere, piuttosto, quello di impedire la circolazione dei cosiddetti homebrew e, più in generale, degli applicativi – a scopo ludico o meno che siano – “non licenziati” dai produttori di consolle.
L’ordinanza del giudice del Tribunale di Milano oggetto di reclamo, peraltro, ad avviso di Pcbox, costituisce sostanziale parafrasi della sentenza emessa il 25 maggio 2007, in altra vicenda e ad altri fini, dalla Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, nella quale tuttavia era dato leggere che “la Corte non poteva esimersi dal sottolineare la delicatezza dei temi coinvolti dall’esigenza di assicurare tutela alle opere dell’ingegno in un contesto in cui i titolari dell’opera e dei suoi diritti possono sommare la qualità di titolari esclusivi anche degli strumenti tecnologici indispensabili all’utente per fruire del prodotto, con il rischio, a tutti evidente, della creazione di limitazione dei diritti dell’individuo e del consumatore potenzialmente sproporzionata”. La decisione così concludeva: “Da questo punto di vista, ad esempio, qualche perplessità sorgono a seguito delle pratiche, adottate da alcune multinazionali (…) di frazionamento del mercato, così come meriterebbero ulteriore attenzione i rischi di posizione dominante o di compressione della concorrenza derivanti dall’obbligo di acquistare unicamente specifici apparati (di costo rilevante) che viene imposto al consumatore che intenda utilizzare un’opera di ingegno contenuta in un supporto che necessita di quel tipo di apparato per poter essere finita e “consumata”.”.
Di ciò, nondimeno, il Tribunale di Milano, nella prima fase del giudizio cautelare, non pare aver tenuto conto, e poiché, ad avviso degli stessi giudici di legittimità i rischi segnalati avrebbero dovuto “trovare in altre sedi istituzionali le eventuali opportune risposte”, Pcbox, a tutela dei propri clienti e dei consumatori, intende proseguire la battaglia per vedere ripristinate quel coacervo di regole che, in un “normale” contesto di mercato, dovrebbe costituire la stella polare di ogni operatore commerciale.