Domenica 14 ottobre più di tre milioni di persone hanno votato per eleggere il segretario del nascente Partito Democratico. Cinque i candidati (Veltroni, Bindi, Letta, Adinolfi, Gawronski), un favorito (Veltroni). Ha stravinto il favorito. Ma tra i cinque concorrenti c’è un nome che ha puntato quasi tutta la propria campagna elettorale sul Web: reclutando persone, organizzando le liste, cercando risorse, solamente via blog. Mario Adinolfi , forse l’unico nome davvero “nuovo” che si affacciava sul nuovo partito, ha affrontato la sfida basandosi prevalentemente sul suo blog e sulla comunicazione diretta via internet, molto probabilmente uno dei primi casi europei. Lo abbiamo incontrato.
Punto Informatico: Che bilancio fai il “day after”, a caldo?
Mario Adinolfi: È buono il risultato delle nostre liste: 1,3% nei 52 collegi in cui eravamo presenti. E ora Walter Veltroni è il primo segretario del Partito democratico, il più importante partito italiano, l’unico leader votato a suffragio universale e diretto. Può legittimamente ora porsi a modello per la politica del ventunesimo secolo: che sarà democrazia diretta o non sarà.
PI: Una delle prime impressioni è che alla fine gli italiani abbiano ancora molta fiducia nei media tradizionali, è così?
MA: È assolutamente così, ma qualcosa si sta muovendo. Nell’arco dei cinque prossimi anni la modalità di formazione dell’opinione politica si modificherà radicalmente.
Tutto ciò a favore del web e dei blog, che finiranno per condizionare in maniera pesante anche i media tradizionali.
PI: Una sfida, quella del PD, che – almeno stando ai numeri – parrebbe vinta. Ti saresti immaginato un’affluenza simile? È davvero – come dicono alcuni – una smentita alle critiche di Beppe Grillo, o, piuttosto, è l’altra faccia della stessa medaglia?
MA: Dire, come hanno fatto alcuni, che Grillo è l’antipolitica e il 14 ottobre è stata la risposta all’antipolitica, è una colossale idiozia. Il mio problema è che la stragrande maggioranza del popolo del V-day noi non l’abbiamo portato a votare alle primarie.
Il lavoro mio e di Generazione U, da domani, sarà quello di costruire un ponte e di spiegare a tutti che la politica ha diverse declinazioni di tono, ma poi bisogna farsi carico della responsabilità di provare a cambiare davvero le cose. Con la pazienza dei processi democratici.
PI: Sui dati, si sa, si discute sempre (se pensiamo che è ancora in piedi la commissione per la verifica delle elezioni del 2006). Ti risulta corretta la percentuale che ti è stata attribuita? Dacci anche qualche cifra più precisa sui tuoi risultati locali.
MA: Eravamo presenti in 52 collegi su 475, dove abbiamo ottenuto con le liste di Generazione U oltre quattromila voti su trecentomila voti validi espressi in quei collegi, con una percentuale pari all’1,3% nazionale, con picchi straordinari di consenso come l’11% nel collegio di Bari, il 2% nei due collegi di Biella, il 5.5% nella sezione dove si è votato di più a Roma (quartiere Pietralata, 1500 voti validi, dove abbiamo battuto Bindi e Letta), il 5% a Montesilvano, il 2,1% ad Ancona, il 2% ad Afragola.
Ovviamente il dato nazionale calcolato sui 475 collegi ci dà allo 0.13%, ma in 423 non c’eravamo, ritengo che si debba spiegare questo. Aver preso una media dell’1.3% dove abbiamo costituito liste di ventenni solo con internet e i blog è un buon risultato e un ottimo primo passo.
PI: Hai qualcosa che ti rammarica in questo lungo cammino? Vero è che il ruolo di sindaco di Roma ha dato già in partenza a Veltroni maggiore visibilità, ma se da un lato quasi tutti i media tradizionali hanno dato poco spazio agli outsider, dall’altro lo stesso Veltroni ha più volte declinato i confronti diretti. Una buona strategia? Un circolo che si è alimentato da solo attorno all'”uomo forte”?
MA: Io non ho nessun rammarico, abbiamo combattuto la buona battaglia, servendoci della rete e dei blog meglio di chiunque altro e facendoli sconfinare nei media tradizionali, come quando ho filmato con il telefonino e poi riversato su YouTube alcuni minuti dell’incontro a porte chiuse di noi candidati con il presidente Prodi.
Rimango convinto del fatto che Veltroni avrebbe fatto bene ad accettare il confronto televisivo.
PI: Ma veniamo forse alla domanda più difficile. Molti di coloro che ti hanno sostenuto in questa prova di “e-democracy”, si stanno chiedendo: “E adesso?”. Quale sarà il tuo – il vostro – contributo alla politica italiana?
MA: Sarò membro dell’assemblea costituente del Pd e dal 27 ottobre difenderò la grande conquista che in tre milioni abbiamo ottenuto: la democrazia diretta diventa protagonista del modo con cui si scelgono le classi dirigenti. È una novità di metodo di portata storica.
Ora mi auguro che facciamo dei passi in avanti proprio sul terreno della e-democracy collegata ai meccanismi di democrazia diretta. Voglio un Partito democratico che rispetti l’insegna della ditta, che si spinga a immaginare forme di decisione sui temi più importanti passando, ad esempio, attraverso referendum interni in cui si possa votare anche online.
Il mio appello ora va ai blogger: credo che la nostra esperienza stavolta abbia insegnato che si può fare davvero. Si può utilizzare questo strumento – che non è un mero strumento di comunicazione – come strumento di lotta politica. Il blog è un mezzo che contiene un messaggio. Ed è un messaggio politico di orizzontalità e di uguaglianza, di rifiuto del dominio oligarchico delle posizioni di potere precostituite. Noi porteremo questo patrimonio dentro il Partito democratico. Per cambiare davvero questo cavolo di paese.
A cura di Luca Spinelli