Circa un anno fa Andrea Lisi nel suo articolo Codice Privacy e DPS… e chi se li ricorda ancora? si chiedeva che fine avesse fatto la normativa sulla privacy in ragione delle continue proroghe che il legislatore non tardava ad accordare a chi, al contrario, si fosse attardato nell’adeguare la propria attività, la propria organizzazione aziendale, i propri uffici alle disposizioni previste dal D.lgs 196/2003.
Mutata mutandis , viene da chiedersi oggi che fine abbia fatto la posta elettronica certificata (1): sbandierata come lo strumento che avrebbe per sempre mandato in pensione la vecchia raccomandata cartacea, protagonista (o vittima?) di un lancio pubblicitario degno della migliore fiction targata Rai o Mediaset, di essa sembrano ormai perdute le tracce (forse era davvero una fiction?) tant’è che pure chi avrebbe dovuto per legge dotarsene non ha assolto al relativo obbligo.
L’articolo 6 del Codice dell’Amministrazione Digitale, di cui al D.lgs 82/2005, come modificato ed integrato dal D.lgs 159/2006, infatti, così recita: Le pubbliche amministrazioni centrali utilizzano la posta elettronica certificata, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, per ogni scambio di documenti e informazioni con i soggetti interessati che ne fanno richiesta e che hanno preventivamente dichiarato il proprio indirizzo di posta elettronica certificata. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche alle pubbliche amministrazioni regionali e locali salvo che non sia diversamente stabilito .
A ciò si aggiunga la previsione del terzo comma dell’art. 47 del CAD in forza del quale: Entro otto mesi dalla data di entrata in vigore del presente codice (ovverosia il 1 Gennaio 2006, n.d.a.) le pubbliche amministrazioni centrali provvedono a istituire almeno una casella di posta elettronica istituzionale ed una casella di posta elettronica certificata ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, per ciascun registro di protocollo”.
Dunque, dal 1 settembre 2006 qualunque cittadino che si fosse dotato di una casella di posta elettronica certificata e ne avesse fatto richiesta avrebbe dovuto poter dialogare (quantomeno) con l’amministrazione centrale dello Stato con l’ausilio di siffatto strumento. Eppure, visitando i vari siti istituzionali non si trova traccia della relativa casella di posta elettronica certificata che a norma del richiamato articolo 47, comma III, avrebbe già dovuto risultare attiva.
Ed è un peccato, soprattutto se si considera che a partire dal 1 gennaio 2006 “I cittadini e le imprese hanno diritto a richiedere ed ottenere l’uso delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni con le pubbliche amministrazioni e con i gestori di pubblici servizi statali” (2): una norma di principio che purtroppo sembra destinata a rimanere solo tale.
Se, poi, si pensa che con il decreto correttivo del Codice dell’Amministrazione Digitale, il Legislatore si era preso la briga di ridurre ad otto l’originario termine di 24 mesi di cui all’art. 47, comma III, quasi a sottolineare la premura con cui si voleva che i nuovi strumenti dell’agire amministrativo digitale fossero vivi ed operanti, allora l’attuale inadempienza risulta ancora più intollerabile e beffarda.
Ad ogni modo se doveste aver attivato una casella di posta elettronica certificata e vi sentiste frustrati nelle vostre aspettative, a norma dell’art. 3, comma 1-ter C.A.D., potreste sempre fare ricorso al T.A.R!
Che dire: PECcato, un’occasione persa.
Marco Scialdone
Docente al Master in Diritto e Management dell’Innovazione Digitale
Responsabile di Computerlaw.it – Informatica e Diritto
note al testo
(1): DPR 11 febbraio 2005, n. 68, Regolamento recante disposizioni per l’utilizzo della posta elettronica certificata, a norma dell’articolo 27 della legge 16 gennaio 2003, n. 3. (G.U. 28 aprile 2005, n. 97).
Successivamente con D.M. 2 novembre 2005, (GU n. 266 del 15-11-2005) sono state emanate le relative regole tecniche che hanno consentito allo strumento la sua piena operatività.
(2): L’articolo 3 del CAD, rubricato “Diritto all’uso delle tecnologie”, così recita:
1. I cittadini e le imprese hanno diritto a richiedere ed ottenere l’uso delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni con le pubbliche amministrazioni e con i gestori di pubblici servizi statali nei limiti di quanto previsto nel presente codice.
1-bis. Il principio di cui al comma 1 si applica alle amministrazioni regionali e locali nei limiti delle risorse tecnologiche ed organizzative disponibili e nel rispetto della loro autonomia normativa.
1-ter. Le controversie concernenti l’esercizio del diritto di cui al comma 1 sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.