Non sembra esserci più pace tra le autorità cinesi e i quasi 300 milioni di netizen della Repubblica Popolare. Secondo Pechino il web non deve dare spazio a contenuti ostili al governo. Che si tratti di volgarità, pornografia o manifestazioni di un pensiero dissidente. Ad andarci male non sono solo gli utenti, ma anche gli strumenti online che permettono a questi di navigare liberamente. Ecco, allora, che servizi di Google come Gmail, Calendar e Docs sono stati bloccati dalla censura di stato per un periodo di circa 24 ore.
“Abbiamo ricevuto delle notifiche da parte di utenti che non hanno potuto accedere a Google.com in Cina – spiega Marsha Wang, portavoce dell’azienda di Mountain View – stiamo investigando sulla cosa e speriamo che il servizio sia presto ripristinato”. Effettivamente, stando ai tabulati del sito Herdict.org , tra ieri ed oggi è comparso un vero e proprio picco d’inaccessibilità , riportato per numerosi ISP cinesi.
Pechino aveva già avvertito l’azienda statunitense, ripresa recentemente con l’accusa di diffondere pornografia attraverso i risultati del suo motore di ricerca. Google aveva risposto disattivando la funzione Suggest ed eliminando i link che puntano a materiale osceno. Evidentemente questo non è bastato al governo cinese che ha replicato un blocco già particolarmente duro nei confronti di YouTube a marzo. “Questo è un avvertimento a Google e ad altre aziende straniere – afferma Xiao Qiang, fondatore di China Digital Times – ed è anche un forte avvertimento ai cittadini della rete cinese. Il governo mostra la sua determinazione nel tenere internet sotto controllo”.
Le critiche sono piovute, arrivando persino a degenerare. Molti netizen cinesi sono convinti che il blocco di Google sia una mossa delle autorità per allontanare l’attenzione dalle recenti controversie scatenate dal Green Dam Youth Escort, programma di censura che verrà preinstallato o distribuito su CD a partire dal 1 luglio. Alcuni programmatori al Jinhui Computer System Engineering Co. hanno ricevuto quasi 1000 telefonate condite da insulti e minacce di morte. “Molte delle telefonate sono arrivate di notte – ha detto il general manager della compagnia Zhang Chenmin – minacciando i nostri dipendenti ed urlando oscenità e risentimento contro il software”.
Proprio sul Green Dam, l’artista Ai Weiwei ha richiamato il popolo del web per una rinuncia collettiva di 24 ore ad internet. Pechino, tuttavia, lo ha anticipato. (M.V.)