Non è solo Google a vigilare su certi contenuti che i suoi utenti scambiano in Rete, dimostrando con forza la propria adesione alla crociata contro la pedopornografia: non sorprende apprendere che anche Microsoft opera in maniera proattiva per scongiurare la diffusione di immagini di abusi sui minori, per non rendersi complice, con gli strumenti che mette a disposizione, di agevolare il perpetrarsi di un reato capace di scuotere scuote cronache e coscienze.
A rendere noto quello che è un episodio delle routine del colosso di Redmond è un documento processuale ottenuto dal sito specializzato in indiscrezioni The Smoking Gun : Microsoft ha individuato, rimosso e segnalato un’immagine che ritraeva una minorenne in atteggiamenti intimi sull’account SkyDrive (ora OneDrive) di un utente della Pennsylvania. È stato arrestato il 31 luglio, testimoniano i documenti legali, e ha ammesso di scambiare con altri soggetti delle immagini pedopornografiche a mezzo chat, email e smartphone.
BBC si è rivolta alla polizia locale per ottenere informazioni sulla procedura adottata: analogamente a quanto accaduto per il recente arresto di un altro cittadino statunitense colpevole di aver impiegato Gmail per trafficare in pedopornografia, le forze dell’ordine sono state informate dal National Center for Missing and Exploited Children (NCMEC), istituzione che fa da punto di riferimento negli States per la lotta all’abuso sui minori. A sua volta, il NCMEC è stato informato da Microsoft, che ha rilevato il caricamento sui propri servizi il materiale pedopornografico.
“Nel 2009 – spiega alla BBC un rappresentante della Digital Crimes Unit di Microsoft – abbiamo contribuito allo sviluppo di PhotoDNA, una tecnologia che mira a soffocare le diffusione di immagini di abusi sui minori, che riportiamo al National Center for Missing and Exploited Children come previsto dalla legge”. La tecnologia , capace di classificare e rendere facilmente identificabili le immagini pedopornografiche che le autorità hanno già riconosciuto come tali, opera in maniera automatica , senza necessità dell’intervento e della discrezionalità umana: messa a disposizione del NCMEC, è stata adottata volontariamente dalle “maggiori aziende statunitensi” che hanno accettato nel contempo di farsi carico dell’obbligo legale di segnalare al NMEC le immagini, una volta individuate sui propri server.
Si tratta di una pratica che tanto Microsoft quanto Google dichiarano esplicitamente di impiegare nelle condizioni d’uso dei propri servizi: Redmond spiega che “adotta tecnologie per il rilevamento automatico di pedopornografia o comportamenti offensivi che potrebbero danneggiare il sistema, gli utenti o chiunque altro”. A preoccupare resta l’indefinitezza che aleggia intorno ai “comportamenti offensivi”: quale sarà la prossima crociata a concretizzarsi in una tecnologia volta al monitoraggio?
Gaia Bottà