Accesso ai siti Web della pedopornografia, una tematica delicata nel vasto ecosistema digitale. La settima sezione penale del Tribunale di Roma ha assolto un professionista capitolino, dal momento che una connessione WiFi può essere utilizzata da soggetti terzi per la consultazione non autorizzata di materiale illecito .
L’indagine era partita in un’operazione della Polizia del Lussemburgo, che aveva segnalato agli agenti dell’Interpol un cospicuo numero di netizen italiani connessi ad un sito illecito ospitato da server esteri. Il cittadino romano F.C. era così finito nella lista degli imputati, identificato attraverso i log di connessione a mezzo provider .
“Tra i principi stabiliti dal Tribunale di Roma vi è che l’accesso ad un sito pedofilo può essere accidentale e non costituire reato, che la natura pedopornografica di immagini detenute da un imputato deve essere rigorosamente provata”, ha spiegato l’avvocato Fulvio Sarzana, difensore del professionista romano.
Secondo il giudice, le prove della connessione ad un sito Web – acquisite dall’Interpol attraverso i vari provider – risultano inutilizzabili se non acquisite e conservate secondo le norme di legge . F.C. diventa così il primo italiano assolto con le norme di recepimento della Convenzione di Budapest sui crimini informatici.
“Il mancato rispetto da parte della organi investigativi di quanto previsto dall’art 254 bis sulla raccolta dei dati di connessione ad Internet presso i vari provider, è in grado di rendere inutilizzabili le prove raccolte”, ha continuato Sarzana sul suo blog. L’accesso a siti pedofili potrebbe comunque risultare “accidentale o non voluto dal singolo abbonato”.
Mauro Vecchio