New York (USA) – Russia, Europa dell’Est, alcuni paesi dell’Estremo oriente: sono tanti i luoghi nei quali organizzazioni criminali stanno cavalcando un business che sembra molto florido, quello del commercio telematico di immagini pedopornografiche . Ad affermarlo questa volta non è la voce scandalizzata di qualche improbabile associazione ma uno dei principali consulenti dell’ UNICEF , il fondo per i bambini dell’ONU.
Gopalan Balagopal ha voluto spiegare di che si tratta usando poche, efficaci parole. “Il problema – ha affermato – cresce in quelle aree del mondo, come l’Asia, dove il numero di persone connesse ad internet aumenta rapidamente”.
Questo dunque il teorema dell’UNICEF: alla maggiore diffusione di Internet corrisponde non solo una maggiore quantità di individui interessati a certi materiali ma anche lo sviluppo di un business che un tempo non esisteva, e certo non su scala globale. L’inarrestabile e progressiva crescita della rete, dunque, spinge il crimine organizzato a sfruttare il più possibile il nuovo ambiente digitale, nel quale da sempre pedoporno significa operazioni clamorose contro la malavita e contro numerosi utenti ma anche rischio censura. In breve: la diffusione di Internet e delle sue potenzialità commerciali spinge i criminali a moltiplicare gli abusi sui più piccoli.
Balagopal non è certo l’ultimo arrivato sulla questione, è considerato un’autorità nelle strategie per la tutela dell’infanzia nel mondo, ed è dunque naturale che l’allarme lanciato stia suscitando grande attenzione.
Secondo l’esperto, tutto quello che va dalla prostituzione al turismo sessuale, fino al traffico di minori e agli abusi sui bambini, è stato alimentato dalla diffusione della rete . Questa non ne è evidentemente la causa, nelle parole di Balagopal, ma una incubatrice che permette a questi problemi di svilupparsi.
Balagopal, che ha lanciato l’allarme dalla tribuna di una conferenza internazionale di Bangkok dedicata proprio alle violenze sui minori, ha spiegato che “negli ultimi anni abbiamo già visto che i problemi del pedoporno e degli abusi sono divenuti enormi negli Stati Uniti e in Russia”.
L’esperto dell’UNICEF ha parlato dopo l’illustrazione dei dati raccolti dall’ormai celebre National Children’s Homes (NCH), l’organizzazione britannica per la difesa dei bambini. Secondo NCH, infatti, i siti dedicati al porno sono soprattutto americani (55 per cento) e russi (23 per cento), spazi internet che attirano moltissimi da tutto il mondo e che pubblicano materiali realizzati dalla criminalità organizzata in diversi paesi. Un business globale.
Secondo NCH, intervenuta a Bangkok lunedì, “un tempo era molto difficile entrare in certi giri. Dovevi conoscere un amico o far parte di un qualche circolo pedofilo, ma ora chiunque anche con una curiosità modesta o senza alcuna intenzione può trovare in rete pornografia infantile”. E non è un caso che siano anche aumentati esponenzialmente coloro che sono stati denunciati o diffidati per l’accesso o la diffusione di certi materiali proprio negli ultimi due-tre anni.
“Organizzazioni criminali russe e dell’Europa orientale – hanno affermato i rappresentanti di NCH – oggi raccolgono sistematicamente dei minori affinché siano filmati in atti sessuali, laddove fino a sei o sette anni fa un mercato del genere non esisteva proprio”. Ed è stato citato il caso di un sito dell’Est europeo che, individuato e chiuso dalla polizia, avrebbe portato addirittura un reddito di 1,5 milioni di euro al mese ai suoi gestori.
Cosa fare dunque per stroncare questo nuovo mercato? Su questo si interrogano in queste ore gli esperti di tutto il Mondo. La sfida più grande è evidentemente quella di trovare una strada che da un lato consenta di tutelare i più piccoli e di perseguire i criminali che ne abusano e dall’altro conservi alla grande rete le libertà digitali che sono parte costitutiva della sua diffusione e della sua importanza per l’umanità.