Pedopornografia, due arresti e dodici denunce

Pedopornografia, due arresti e dodici denunce

Due fermi e dodici arresti per una rete pedopornografica venuta a crearsi su Facebook e scoperta grazie alla segnalazione di una ONG statunitense.
Pedopornografia, due arresti e dodici denunce
Due fermi e dodici arresti per una rete pedopornografica venuta a crearsi su Facebook e scoperta grazie alla segnalazione di una ONG statunitense.

Così la Polizia Postale: “c’era anche un aspirante diacono tra le 14 persone, di cui 2 arrestate dagli investigatori del compartimento Polizia postale di Firenze, che attraverso Facebook si scambiavano materiale pedopornografico “. Inevitabilmente il focus della notizia viene portato sul ruolo di quell’aspirante diacono colto con le mani nel sacco. Tuttavia c’è anche un’altra parte della notizia a dover far riflettere: il modo in cui Facebook non solo non ha consentito di nascondere alcun traffico illecito, ma ha anche facilitato l’emersione della rete ed il fermo per i responsabili.

Anzitutto va notata la completa eterogeneità dei responsabili arrestati: pensionati, disoccupati, studenti e un carcerato. L’unico elemento in comune a tutti è il fatto di aver scelto Facebook per la trasmissione delle immagini. Per certi versi hanno ceduto alla facilità con cui Facebook consente di creare community basate su comuni interessi, affidando così al social network il ruolo di piattaforma di scambio. Grazie alla segnalazione di una ONG statunitense (il cui ruolo non è però stato dettagliato in sede di comunicazione ufficiale di quanto accaduto) la rete è stata smascherata ed i fermi portati a segno.

Ancora una volta, quindi, il ruolo delle piattaforme è stato importante per consentire la scoperta dei responsabili i quali, tutto fuorché anonimi in virtù dei dati affidati alla piattaforma, sono così stati identificati: grazie a questo meccanismo sono stati fermati in particolare coloro i quali, adescati precedentemente i ragazzi in rete, catturavano le immagini in seguito redistribuite all’interno della rete privata tra i complici. A pochi giorni dagli ennesimi strali contro l’anonimato in rete, ecco la verità che emerge: a seguito di segnalazione specifica, il social network ha consentito l’identificazione dei responsabili e la Polizia Postale ha portato a segno il colpo. Capire questa dinamica consente di direzionare meglio le attenzioni: non è il Web a fomentare un certo tipo di malefatte e, anzi, il Web ha la possibilità di far emergere reti che avverrebbero altrimenti in modi più complessi, eventualmente offline e sicuramente impossibili da identificare.

“Diretta dalla procura di Firenze, l’indagine è stata coordinata dal centro nazionale per il contrasto della pedo-pornografia online della Polizia postale con il sostegno degli altri compartimenti della Specialità”: siccome spesso non se ne parla a sufficienza, occorre segnalare l’inchiesta come una fotografia di quanto accade nella realtà oltre i proclami. Va ricordato come spesso sia molto complesso risalire a monte di reti di questo tipo, ma il monitoraggio delle grandi piattaforme può quantomeno ridurre l’esposizione a certi rischi e consentire alle autorità di avere strumenti più efficaci per espletare il proprio servizio.

Chiedere e pretendere la piena collaborazione dei grandi network è cosa lecita; chiedere alle piattaforme di agire proattivamente (se non in termini di rimozione) è invece qualcosa che confonde i ruoli generando corto circuiti non privi di pericoli in termini di libertà di espressione. Ecco perché ogni caso è un momento importante di riflessione, per capire quali siano gli attori interessati e quale lo specifico ruolo di ognuno nell’identificare e fermare reti di questo tipo. Soprattutto quando in ballo c’è le pedopornografia, elemento non raramente utilizzato in passato per azioni di lobby che molto avevano in comune con quanto ha tentato di fare la riforma europea del copyright con il proprio art.13 .

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Pubblicato il
6 lug 2018
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