Roma – Molti piccoli imprenditori, professionisti ed esercizi commerciali segnalano di essersi visti applicare penali dagli operatori TLC per aver esercitato il diritto di recesso anticipato del contratto. Un abuso, secondo l’ Authority delle Comunicazioni che, interpretando la legge Bersani, ne estende i benefici anche alle piccole imprese. Ma non tutti concordano con questa interpretazione.
ADUC solleva la questione spiegando , in base alle segnalazioni ricevute, quanto siano numerosi i casi in cui “operatori di telefonia (Telecom, Vodafone-Tele2, Bt Italia, Fastweb, Tim, Wind, 3 Italia, Tiscali ecc.), di reti televisive (Sky, Mediaset premium, LA7 ecc.) e di comunicazioni elettroniche hanno e continuano ad addebitare esose penali a studi professionali, piccole imprese o cooperative, associazioni, artigiani, negozi, bar e ristoranti”.
L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni è così intervenuta, offrendo la propria interpretazione alla legge 40/07, integrando le linee guida pubblicate lo scorso anno con un nuovo pronunciamento pensato ad hoc per le piccole e medie imprese, o meglio per gli “utenti non residenziali che non godono di un sostanziale potere negoziale e che, quindi, si limitano a sottoscrivere clausole predisposte dal contraente forte “.
Nell’integrazione dell’Authority si legge: “Anche questi utenti, infatti, tra i quali figurano numerose piccole e medie imprese, sono limitati nell’esercizio di qualsiasi rilevante potere di trattativa in quanto, nell’aderire al contratto, possono solo procedere alla mera accettazione di tutte le clausole contrattuali, al pari del singolo consumatore.
L’Autorità ha pertanto ritenuto opportuno rendere esplicito che anche per questa fascia di utenza cosiddetta business deve essere garantita la possibilità di un recesso senza vincoli temporali o ritardi non giustificati e senza spese non giustificate da costi dell’operatore nonché senza un obbligo di preavviso superiore a trenta giorni”.
Su questo pronunciamento interviene però Dario Denni, segretario dell’ AIIP , ricusando l’interpretazione dell’Authority per due motivi fondamentali: “Il primo è che AGCOM si arroga la vigilanza e l’attuazione dell’art. 1, comma 3, del d.l. Bersani, quando invece il comma quattro di tale articolo limita la sfera di competenza di AGCOM solo sul primo comma (ricariche) e sul secondo comma (trasparenza delle offerte), ma non sul terzo. In secondo luogo, AGCOM si sostituisce al giudice ordinario, che è l’unico competente ad interpretare, per mezzo l’emanazione di sentenze, il significato della disposizione legislativa in questione (e, cioè, se il recesso ad nutum si applichi anche, e in che misura, alla clientela business)”.
In discussione sono dunque i contenuti e il valore delle linee guida emesse dall’Autorità che, conclude il segretario dell’associazione che rappresenta i provider, non costituiscono “un vero e proprio provvedimento amministrativo, quale è invece una delibera” e la nuova integrazione va intesa “come un parere non vincolante circa l’interpretazione della disposizione in esame da parte dell’Autorità”.
Dario Bonacina