A differenza di quanto ipotizzato nelle scorse settimane, con tutta probabilità Huawei non troverà un alleato inatteso nel Pentagono per opporsi al ban degli Stati Uniti. Anzi, stando a nuove rivelazioni pubblicate da Reuters, il Dipartimento della Difesa sembra intenzionato a chiedere l’introduzione di nuove limitazioni al business del gruppo cinese.
Huawei: il ban degli USA e la posizione del Pentagono
Rischiano dunque di complicarsi ulteriormente i rapporti tra le aziende USA e il colosso di Shenzhen per quanto concerne la fornitura di componenti e tecnologie. Si deciderà di eventuali ulteriori misure restrittive solo in seguito all’incontro che la prossima settimana vedrà riuniti intorno allo stesso tavolo Wilbur Ross (Segretario al Commercio dell’amministrazione Trump) e Mark Esper (Segretario della Difesa). Per il 28 febbraio è poi in programma un altro meeting sul tema che coinvolgerà funzionari e autorità di alto livello.
Riportiamo di seguito in forma tradotta la dichiarazione attribuita ieri al Dipartimento del Commercio, dicastero che nel maggio 2019 ha inserito Huawei nella Entity List statunitense dando così ufficialmente il via al ban.
Rivediamo e aggiorniamo di continuo i controlli sulle esportazioni per far fronte alle sfide poste da un’accelerazione nella diffusione e nell’innovazione delle tecnologie.
Le ragioni sono le stesse ripetute ormai da quasi un anno: gli Stati Uniti puntano il dito nei confronti di Huawei definendo l’attività dell’azienda potenzialmente dannosa per la sicurezza nazionale, per via di un sua presunta stretta collaborazione con il governo del paese asiatico. Dal canto suo il gruppo, leader mondiale nella fornitura delle infrastrutture di rete e secondo produttore di smartphone a livello globale (dietro Samsung e davanti ad Apple), ha sempre respinto al mittente ogni accusa definendola infondata.
In gioco ci sono ovviamente anche gli affari delle società americane che nel recente passato hanno stretto accordi e partnership con il gigante cinese e i rapporti commerciali tra Washington e Pechino. Tutto questo senza dimenticare le ripercussioni sulle roadmap stabilite dagli operatori per l’installazione dei network 5G a livello globale. Insomma, una questione più che delicata, una matassa che ad oggi pare difficile da sbrogliare.