Non meno di 80mila cittadini canadesi e almeno 2,3 milioni di statunitensi : tutti avranno diritto ad un rimborso da Apple , grazie a due diverse sentenze pronunciate da tribunali dei rispettivi paesi. Sentenze che mettono la parola fine a complicate vicende riguardati i laptop e i player multimediali dell’azienda di Cupertino, e che potenzialmente potrebbero costarle una cifra vicina ai 200 milioni di dollari . Con l’incognita di altri due procedimenti giudiziari, in attesa di definizione, che potrebbero trasformarsi in veri e propri incubi da class action.
Nel caso canadese, come riportano i giornali locali , la decisione di Apple di venire a patti con i ricorrenti mette fine a due diversi ricorsi riuniti in un’unica class action: entrambi riguardavano la durata della batteria degli iPod di prima, seconda e terza generazione, acquistati entro giugno 2004. Secondo gli attori, Ines Lenzi di Montreal e Bradley Waddell di Toronto, a 12 mesi dall’acquisto l’autonomia dei loro player si era abbassata drasticamente: tre ore appena, contro le otto dichiarate da Apple nelle specifiche tecniche dell’apparecchio.
Abbastanza per convincere il giudice a dare ragione ai ricorrenti, e a riconoscere loro un bonus di 45 dollari (30 euro) da spendere sull’Apple Store online. 45 dollari moltiplicati per gli 80mila acquirenti coinvolti fanno 3,6 milioni (2,3 milioni di euro): una bella sommetta, che finisce per essere quasi una benedizione per le casse di Cupertino. La richiesta originaria era infatti di quasi 600 dollari a testa: un vero e proprio salasso, tra parti sostitutive, danni materiali e morali. Non è comunque la prima volta che Apple è costretta a scendere a patti per la batteria dell’iPod, visto che già nel 2005 aveva accettato di rimborsare 50 dollari ai consumatori statunitensi per motivi analoghi.
Restando in Canada, c’è un’altra potenziale class-action in attesa di veder riconosciuto il suo status. L’ha lanciata David Bitton, studente di Montreal, insoddisfatto per la capienza del suo iPod Nano. In linea con quanto è già capitato a Creative e altri , Bitton contesta la capacità dichiarata per il player: 8 gigabyte secondo pubblicità e specifiche, appena 7,45 gigabyte nella realtà. Per compensare il suo disappunto, Bitton chiede di essere totalmente rimborsato del suo acquisto (220 dollari), oppure un risarcimento pari al 7,5 per cento del valore dell’unità (corrispondente al deficit di capacità) più 75 dollari di danni.
Decisamente più onerosa la risoluzione del problema degli alimentatori che fanno le scintille . Un faccenda che riguarda modelli relativamente datati di laptop di Cupertino, quelli che portavano ancora i gloriosi nomi di iBook e Powerbook e che avevano manifestato qualche difficoltà nel comparto alimentazione a causa di caricabatterie inclini a generare pericolosi sovraccarichi. Apple aveva in parte ammesso il problema già nel 2001 , richiamando e sostituendo senza alcuna spesa 570mila alimentatori.
Secondo l’accusa, tuttavia, a Cupertino avrebbero volutamente ignorato e sottostimato la reale entità della faccenda . Per questo ora Apple sarà costretta a risarcire, con somme comprese tra 25 e 79 dollari, centinaia di migliaia di acquirenti statunitensi. Sebbene l’accordo non sia ancora stato ufficializzato, e l’udienza finale sia fissata per l’8 settembre prossimo, il giudice avrebbe già dato un parere preliminare favorevole.
A poter beneficiare del rimborso saranno tutti coloro i quali hanno acquistato un certo modello di alimentatore che, secondo quanto stabilito, si “danneggia pericolosamente, emette scintille e tende a smettere di funzionare prematuramente”. A tutti coloro che ne faranno richiesta, Apple provvederà a rimborsare direttamente la cifra in contanti, con valore che cresce in base al prodotto posseduto.
Sullo sfondo, resta la class action richiesta a gran voce per gli schermi degli iMac da 20 pollici . Troppo scadenti secondo i ricorrenti, che accusano Apple di aver pubblicizzato i suoi desktop all-in-one come in grado di mostrare milioni di colori, ma nella realtà limitati a migliaia per via dei pannelli LCD da 6 bit. Per questa accusa il giudice incaricato non ha ancora comunicato alcuna decisione, né sulla ammissibilità come class action e neppure per il merito dell’azione stessa.
Luca Annunziata