Washington – È una questione di sicurezza nazionale: fino a nuovo ordine, fino a quando le autorità competenti non le avranno dichiarate sicure, meglio non accedere alle reti P2P. Questo il monito lanciato ai cittadini da una ventina di membri del Congresso USA, che ha incoraggiato la Federal Trade Commission ( FTC ) a svolgere un’indagine conoscitiva che possa rendere tutti più consapevoli dei rischi per la privacy ai quali sono esposti coloro che condividono e attingono ai contenuti che circolano nelle reti P2P.
Un ritornello che ricorre da anni: il gruppo di politici, estremamente preoccupati per la sicurezza dei cittadini, fa ora leva proprio sulla FTC, che nel 2003 aveva già lanciato l’ allarme sicurezza ; il Trademark and Patent Office statunitense aveva preparato il terreno a marzo 2007, e lo stesso gruppo di parlamentari aveva già tentato nei mesi scorsi di accoppiare privacy e file sharing in un binomio esplosivo per la sicurezza nazionale .
Sono sempre di più i malintenzionati che si guadagnano da vivere con furti di identità e sconfinamenti nei dati custoditi negli hard disk dei netizen , spiegano i firmatari dell’accorata lettera indirizzata alla FTC. Il primo caso eclatante, citato dal gruppo nel documento, risale a settembre scorso: un truffatore, sfruttando delle falle di Limewire, si è accaparrato i dati personali di almeno ottanta vittime, facendoli fruttare 70mila dollari. Una fortunata coincidenza che le forze dell’ordine abbiano potuto assicurare alla giustizia il malvivente. Per questo motivo si chiede alla FTC di indagare, di riconoscere che i sistemi P2P mettono a repentaglio la privacy degli utenti, per questo si chiede alla FTC di approntare strategie adeguate per tutelare i cittadini della rete.
È certo vero che esistono dei rischi nell’uso dei sistemi di condivisione P2P, spesso però generati da comportamenti avventati di utenti poco competenti. Non basterebbe informare i netizen e incoraggiare un uso più consapevole e responsabile delle tecnologie?
La richiesta che giunge del Congresso, suggeriscono i commentatori, sembra piuttosto un tentativo di scoraggiare le pratiche di file sharing, agevolato dalla potente industria dei contenuti.
Nel quadro tracciato dal gruppo di parlamentari, nella raffigurazione di sistemi P2P che tendono agli utenti delle trappole insidiose, stonano un poco la recenti decisioni di Isohunt e di Torrentspy , che hanno proibito l’accesso agli utenti americani perché incapaci di garantire loro la tutela dei dati personali, ambiti e tracciati dalle autorità statunitensi.
Gaia Bottà