Web – Confesso di provare stupore per tutto questo entusiasmo per la sentenza contro Gates. Una sentenza che arriva con un ritardo incredibile e che, con ogni probabilità, non sarà in grado d’intaccare il monopolio “di fatto” costituito dallo “standard” che si è ormai affermato in tutto il mondo.
Il “problema Gates”, infatti, non è soltanto un problema americano, bensì mondiale. L’area d’influenza del mercato americano è tale da condizionare le economie del mondo intero e Gates è divenuto quello che è perché alle spalle aveva questo potere di condizionamento.
E da quel mercato, con le sue regole, a Gates è stato permesso di tutto e di più.
Intervenire soltanto ora, con degli esiti ancora tutti da definire, che i suoi prodotti costituiscono il punto di riferimento per il 90% del consumo globale, significa soltanto mettersi contro la scarsa propensione dei consumatori a rinunciare allo standard affermato, non fosse altro che la cosa significa costi. E in ogni caso, chi e cosa ripagherà i “consumatori” per il mancato sviluppo di altre alternative a causa del’inerzia nei confronti del monopolio che si affermava?
Il constatare che il monopolio esiste, infatti, significa soltanto che il sistema di antitrust americano (quello da tutti invidiato… il migliore!) non è in grado di prevenire e contrastare la nascita ed il consolidamento di posizioni dominanti.
La sentenza americana somiglia molto alle sentenze della nostra Corte Costituzionale: si scopre il problema e si cerca di porvi rimedio quando ormai il danno è fatto. Si sentenzia che Berlusconi non può avere quello che ha dopo che i decreti salva-Berlusconi hanno ormai avuto l’effetto di annullare ogni forma di concorrenza, quando il monopolio si è infine consolidato e quando il monopolista, grazie alle sue televisioni, è pure divenuto il capo del maggiore partito italiano.