Roma – Niente da fare, i manager del colosso del web americano Movielink, un servizio galattico pensato dalle major del cinema per distribuire online a pagamento titoli di grande richiamo, sono alle prese in queste ore con bilanci tutt’altro che rosei. Movielink, è ormai un dato di fatto, semplicemente non piace .
Se si getta un occhio alle informazioni che arrivano da oltreoceano, la creatura pervicacemente voluta e fondata dai maggiori studios di Hollywood, pubblicizzata su giornali e riviste, dentro i contenitori del fast food e nelle trasmissioni Tv di alto richiamo, a più di un anno dal suo avvio non decolla. La conseguenza è che ora rischia di scomparire .
Chiunque si recasse dall’Italia sul sito di Movielink si imbatterebbe nell’emblema del fallimento di questo servizio. Il fatto che esso sia indisponibile per chi non si collega dagli Stati Uniti denuncia infatti un controllo sui contenuti che cozza con la storia e il senso di Internet, controllo che ha minato ogni possibilità di successo.
In verità i vantaggi offerti dal giochino ci sono. I suoi sponsor, cioè Sony, Time Warner, Vivendi, Universal, Viacom e MGM, consentono infatti, a chi ci spende sopra qualche dollaro, di visionare sul proprio computer uno delle centinaia di titoli presenti in catalogo. Il tutto a qualsiasi ora del giorno e della notte, senza dover uscire di casa e avere a che fare con sistemi automatici o umani di distribuzione di DVD, patatine e popcorn. Una comodità, almeno per chi dispone di una banda sufficientemente larga per scaricarsi il file senza, nel frattempo, perdere la voglia di vedere il film.
Il primo problema è che con quei dollari ci si compra a malapena l’affitto : il film si sceglie, si paga, si scarica ed entro 30 giorni tocca vederselo perché poi il file diventa inutilizzabile. Medesimo destino aspetta il file qualora, una volta aperto, non sia utilizzato entro 24 ore.
Il secondo problema sta nel fatto che il film lo scarichi sul tuo PC e solo su quel PC lo potrai vedere: il file non può essere trasferito neppure ad un eventuale altro PC collegato in una rete domestica.
Il terzo problema, anzi la gatta da pelare, è che quando Movielink fu annunciato, i cinque colossi che lo hanno voluto ne hanno parlato come di una rivoluzione nel mondo dell’ home video . Oggi, a distanza di molti mesi, con un numero di compratori talmente ridotto da non poter essere rivelato in pubblico, la rivoluzione non si è mai manifestata e la dichiarazione di fallimento non solo della piattaforma ma dell’intero progetto è imminente. Una nuova dimostrazione, se servisse, dell’enorme difficoltà delle major di adattarsi al mondo che cambia , al digitale che travolge lo status quo.
La situazione è talmente involuta che Movielink ha persino sviluppato un modo per vedere in televisione i film scaricati dal PC ma è una modalità che non è mai stata resa disponibile dal servizio. Perché? Per paura di stimolare la pirateria. Il legittimo desiderio di proteggere la proprietà intellettuale sembra debordare in una forma di isteria , al punto che gli studios hanno generato una piattaforma, che certo gli sarà costata, che sembra urlare al mondo “vorrei ma non posso”.
Non ne usciranno, a meno di non mettere il tutto nelle mani di una terza parte che abbia una maggiore comprensione degli stimoli, le modalità e i linguaggi degli utenti internet. Si veda Apple iTunes , un sistema di distribuzione della musica online che ha finalmente centrato l’obiettivo ma che ha richiesto l’intervento di un terzo, Apple, in grado di capire nel profondo cosa servisse. E di varare un servizio che sì, protegge i contenuti, ma lo fa bilanciando questa necessità con quella degli utenti di fruirne come meglio preferiscono. Il successo annunciato di altri sistemi di distribuzione musicale attraverso la OD2 di Peter Gabriel sarà dovuto ad una mentalità ugualmente innovativa. Tutte piattaforme, peraltro, che si espandono assieme al peer-to-peer, quasi a dimostrare una possibile coabitazione tra due sistemi di distribuzione così diversi.
Per arrivare ad iTunes e a Napster 2, l’industria del disco ha dovuto superare i vari Napster e Aimster, attaccare Grokstar e Kazaa, sopravvivere ad eMule. Viene da chiedersi, ora che la banda larga pur lentamente va espandendosi rendendo più facile lo scambio di interi film in rete, cosa dovranno affrontare la major del cinema prima di accettare l’esistenza di un interessante mercato digitale.