Quanto teniamo alla nostra privacy? Qual è il valore che attribuiamo alle informazioni che ci riguardano, anche quelle dalla natura più personale e sensibile? La ricerca in merito condotta da Kaspersky fa luce su un fenomeno legato a doppio filo all’evoluzione del contesto pandemico, accendendo un faro sulla situazione nel nostro paese, proprio nel momento in cui corre l’adozione del Green Pass.
Dati in cambio di maggiore libertà: l’indagine di Kaspersky
Partiamo dalle percentuali. L’80% degli utenti italiani condividerebbe i propri dati di tipo sanitario, di geolocalizzazione e di contatto in cambio di una maggiore libertà. Il 54% dei nostri connazionali è inoltre disposto a fornire dati personali se utile ad aiutare il paese a superare lo stato di impasse legato alla crisi. Infine, il 36% per tornare a viaggiare all’estero. Queste le parole di Morten Lehn, General Manager Italy di Kaspersky.
Dall’inizio della pandemia, i governi di tutta Europa hanno cercato un modo per monitorare la diffusione del virus al fine di dare una spinta all’economia, al settore hospitality e a quello
dei viaggi. Nonostante ciò, solo il 47% degli europei condividerebbe con fiducia le proprie informazioni personali con il governo. Nonostante molti europei siano disposti a rinunciare ai loro dati personali in cambio di maggiore libertà, è importante che i governi nazionali siano più trasparenti sulle politiche di raccolta e archiviazione dei dati per costruire un rapporto di fiducia con i cittadini e superare in sicurezza la pandemia.
Interessante il dato che fa riferimento al divario tra generazioni. I più giovani sono senza alcun dubbio i più inclini alla condivisione: i Millennials con l’87%, la Generazione X con il 77% e la Generazione Z con il 75%. A livello geografico, i più disposti a condividere informazioni sanitarie personali per aiutare il paese a superare la pandemia sono i portoghesi (58%). Seguono a ruota gli italiani italiani (54%) e dai danesi (49%).
Ancora, in Italia il tema della tutela della privacy è particolarmente sentito: il 98% dei chiamati in causa ritiene l’aspetto molto importante. Solo il 63% ritiene però di poter esercitare un effettivo controllo sulle organizzazioni che vi hanno accesso. Infine, l’85% teme che le informazioni possano cadere nelle mani sbagliate entro i prossimi due anni.