I lettori di Punto Informatico ricorderanno senz’altro l’ articolo pubblicato lo scorso 15 maggio su queste pagine: UE: ecco perché non usiamo l’open source , recitava il titolo. Secondo il Consiglio Europeo (che è cosa diversa dal Consiglio d’Europa):
Dal punto di vista tecnico, spiega lo studio, “l’attuale situazione è complessa poiché la configurazione delle postazioni di lavoro comprende una quarantina di software diversi: questi programmi sono sviluppati da Microsoft o per operare in un ambiente Microsoft, e formano un nucleo coerente e interconnesso”. Secondo le conclusioni, si può parlare di “sovrapposizione di strati di complessità”, che imporrebbero al software OSS che andasse a sostituire l’attuale software proprietario “una grossa mole di test per essere messo a punto”.
E ancora:
Il costo del progetto di conversione stimato è di circa 54 milioni di euro per la Commissione Europea, di 3,5 milioni per la Corte dei Conti (ma le tabelle relative ai mesi/uomo indicano un valore di 12 milioni) e di 19 milioni per il Parlamento: un totale di 76,5 milioni, a cui sommare il costo necessario a coprire supporto e manutenzione del nuovo software open source pari a circa il 30 per cento dell’attuale spesa annuale per le licenze proprietarie (che evidentemente comprendono anche le voci relative all’assistenza). In queste condizioni, secondo le stime ci vorrebbero 36,7 anni per ammortizzare la spesa.
Francamente, il modo di calcolare questi costi lascia molto perplessi. Vediamo perchè.
Infrastruttura web-based
Il documento recita:
lo sviluppo di una nuova infrastruttura software su un modello web-based
Questa infrastruttura è nuova? Allora, se è nuova andrebbe costruita comunque, anche mantenendosi fedeli all’attuale monopolio Microsoft. Ma se le cose stanno così, perchè questa voce di costo è stata addebitata alla migrazione verso il software libero? Se non è nuova, come è fatta? Se è roba scritta in Visual Basic su ASP, come si faceva un tempo, non è migrabile. Ma se è scritta in VB o C# su ASP.NET forse è possibile ospitarla su server dotati di Mono, la versione *nix di .NET . Questo, ovviamente, a costo zero.
Testing
Il documento recita:
il testing e l’adeguamento di queste nuove applicazioni allo standard di usabilità delle precedenti
C’è da chiedersi se l’attuale infrastruttura software sia stata testata prima di essere adottata. Oppure se la UE, come chiunque altro, non sia stata piuttosto travolta negli anni passati dal fenomeno Windows+Office.
Perchè allora non si lascia semplicemente travolgere da un fenomemo che è già stato testato a fondo da milioni di utenti spesso più esperti e più esigenti di quelli che bazzicano i loro ambienti?
Migrazione
Il documento recita:
la conversione del precedente parco software (che comprende essenzialmente documenti sviluppati in Access, Excel e Word con annesse macro)
Se stiamo parlando di “parco software”, cioè di programmi applicativi (Office ed affini), non c’è proprio niente da convertire. Basta installare (anche su Windows o su MacOS, volendolo) i programmi Open Source omologhi a quelli MS ed il problema è risolto. Lo possono fare tranquillamente gli utenti.
Se parliamo di conversione dei documenti c’è da fare qualche test e, nel caso, chiedere agli sviluppatori dei programmi (OpenOffice per primo) di provvedere alle necessarie modifiche dei convertitori (anche pagando). L’esperienza di chi scrive è che raramente si rende necessario “convertire” un documento MS Office ad OpenOffice nel vero senso del termine. OpenOffice legge e scrive correttamente i documenti di MS Office (fino alla penultima release) in quasi tutti i casi. Le eccezioni si verificano solo con le macro (che peraltro sono usate con parsimonia ormai da tutti gli utenti).
Inoltre, OpenOffice non è il solo sistema utilizzabile. Ci sono anche ThinkFree Office , KOffice e Gnome Office : tutti ambienti liberi, gratuiti e largamente compatibili con MS Office. I problemi di compatibilità dei documenti che denunciano gli utenti sono, nel 90 per cento dei casi, semplicemente la conseguenza dell’assenza dei font MS sul sistema. Si rimedia installando i font. E questo vale anche per molti altri programmi.
Infine, le licenze fin qui utilizzate per i programmi Microsft non svaniranno mica nel nulla appena si installa qualcos’altro. Ci sarebbe tutto il tempo di convertire caso-per-caso, a cura di ogni singolo utente, i documenti che è davvero necessario convertire. Per il resto basta tenere un paio di macchine MS in uno scantinato per ogni evenienza, una possibilità tutt’altro che complessa.
MS Access
Access (il software che si usa per creare e per usare le interfacce grafiche verso database Jet e SQL Server) è l’unico programma della Suite MS Office che non ha ancora un vero corrispondente Open Source. Alcuni tentativi, come Kexi , non sono riusciti a colmare questa lacuna.
La domanda da porsi, in ogni caso, è: quanti database Access avrà mai la UE? Al limite, si potrebbe supportare lo sviluppo di un clone Open Source del programma Microsoft: non sarebbe una cosa strana, scorretta od illegale.
Infrastrutture
Il documento recita:
l’ampliamento delle strutture di supporto tecnico
Da quando Linux o BSD richiedono infrastrutture tecniche specifiche ed impongono quindi un ampliamento? Da quando richiedono un supporto tecnico specifico?
Linux e BSD usano le stesse reti (fisiche e logiche), gli stessi router, gli stessi firewall, gli stessi server di posta e gli stessi file server di Windows e di Mac OS. Questo non per un inatteso miracolo tecnologico ma perchè le reti sono fatte così. I loro servizi, per definizione, devono essere usati da client e server di diverso tipo.
La UE gestisce 45mila macchine Windows senza nemmeno un amministratore di rete o di sistema? Questi amministratori hanno forse una laurea specifica in software Microsoft? Non sono in grado di leggersi un manuale di Samba, di Postfix, di QMail, di ipchains o di qualche altro servizio Unix?
Il browser
Il documento recita:
Nello studio non figura il calcolo relativo alla conversione del sistema di messaggistica dell’Unione Europea, mentre figura quello relativo alla migrazione del browser di navigazione
Pensate: è stato incluso nel conto della spesa da attribuire a Linux anche l’installazione del browser di navigazione. Peccato che tutte le distro Linux e BSD forniscano sempre almeno un paio di browser preinstallati insieme al sistema operativo (di solito Firefox e Nautilus).
La verità: OLE
La verità è che il principale problema che si incontra in questi ultimi anni nell’effettuare la migrazione di una comunità (un ufficio, un’azienda) da Windows a Linux od a BSD è dovuta al pessimo vizio degli utenti di sfruttare a fondo le potenzialità di OLE, la tecnologia che permette di incastrare un foglio Excel all’interno di una pagina Word. Questa stessa tecnologia, in ogni caso, mostra uguali difficoltà anche solo durante una transizione ad una release successiva dello stesso software Microsoft.
Anche senza migrare niente, basta spostare un file, o rinominare una directory, per mettere in difficoltà i documenti di tutti gli utenti. Se son queste le difficoltà che vede la UE, allora i suoi specialisti farebbero meglio a riflettere sull’opportunità di continuare ad usare un ambiente che incentiva gli utenti a comportarsi in questo modo.
Conclusioni
Non tutti coloro che leggono i documenti della UE, come quello citato, concordano con le conclusioni tratte. A volte, anzi, a leggere certe frasi hanno un improvviso aumento di pressione arteriosa.
Alcune considerazioni tecniche contenute nel rapporto ottenuto dall’onorevole Cappato sono quanto meno discutibili. Il problema, da un certo punto di vista, è e resta il monopolio di un singolo software e di un singolo vendor all’interno della struttura pubblica della UE: se queste, e solo queste, sono le giustificazioni di un tale avvenimento, ad oggi risulta difficile se non impossibile rimanere soddisfatti di questi chiarimenti.
Alessandro Bottoni
www.alessandrobottoni.it
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