Amsterdam – Le tecnologie anti-copia abbinate ai CD audio hanno incontrato molto interesse da parte delle majors discografiche, le stesse che dopo aver dato battaglia ai “mulini a vento” del file-sharing su Internet, ora sperano di poter intervenire a monte del fenomeno impedendo agli acquirenti di CD di copiare digitalmente le tracce audio.
Al di là del fatto che molti considerano queste tecniche solo una pia illusione, perché di fatto facilmente aggirabili, le tecnologie anti-copia stanno sollevando un vero vespaio fra i consumatori e hanno già costretto alcune etichette a fare marcia indietro o ad apporre, su ogni CD protetto, un chiaro e comprensibile (sebbene spesso microscopico) disclaimer che avverta il consumatore della presenza della protezione e delle limitazioni che essa comporta.
A favore dei consumatori, in USA è già partita un’indagine del Congresso atta a chiarire se questo genere di protezioni possano considerarsi illegali, ossia in contrasto con quella legge che oltreoceano garantisce ad ogni etichetta discografica la riscossione di royalty dalla vendita di media (CD, cassette, mini-disc) vergini.
A calare il capestro sui CD a prova di copia arriva ora la stessa inventrice del CD, Philips, che ha dichiarato di essere fermamente contraria a questo genere di protezioni e perfettamente consapevole dei problemi che possono causare agli utenti. Tra questi, come noto, l’impossibilità di ascoltare comodamente i CD acquistati su tutti i lettori, come quelli dei computer, come invece accade con i CD tradizionali. Proprio la mancata “portabilità” del CD è tra gli argomenti più forti contro la diffusione di questi sistemi anti-copia.
Come inventrice dello standard e licenziataria della tecnologia del CD, Philips potrebbe addirittura impedire, secondo alcuni osservatori, che i CD protetti vengano venduti come CD standard o perseguire legalmente le etichette che ne fanno uso.
“Ogni tipo di azione legale – ha però dichiarato Gary Wirtz, general manager del Philips Copyright Office – potrebbe richiedere anni e noi non ci aspettiamo che questi dischi durino tanto”. E chi ha orecchie per intendere…
Wirtz ha poi affermato che queste tecnologie “non stanno funzionando visto che qualsiasi hacker sembra ancora capace di fare copie dei propri CD. Stanno soltanto portando fastidi ai consumatori onesti e noi sappiamo che questi hanno già protestato vigorosamente per questa situazione”.
A Philips, dunque, queste tecnologie proprio non piacciono: se alla base di questo motivo – come fa notare qualcuno – vi sia poi anche il fatto che Philips ricavi buona parte dei suoi introiti dalla vendita di CD vergini e masterizzatori, ai consumatori potrebbe interessare poco: per loro, ciò che davvero conta, è avere dalla propria parte un pezzo da 90 come il colosso olandese.
Basterà il parere di Philips a liberare i consumatori di musica da un nuovo fardello che si associa peraltro a prezzi spesso elevati dei CD musicali in vendita nei negozi?