Il governo britannico non avrebbe seguito le direttive europee sulla privacy e sulla protezione dei dati personali, latitando oltretutto nella composizione di un’authority nazionale indipendente a supervisionare le intercettazioni delle comunicazioni in rete. Questo, in sintesi, il monito lanciato da Martin Selmayr, portavoce della Commissione Europea che ha recentemente portato al secondo stadio un’inchiesta sulle autorità di Londra, colpevoli di non aver applicato nel modo adeguato le regole di Bruxelles sulla privacy dei netizen .
Mancanze che non dovranno ripetersi, ha sottolineato la Commissione, e che dovranno portare il governo britannico a compiere i passi giusti per rinforzare la tutela degli utenti. Una sorta di velato ultimatum, dopo aver avviato un’indagine su suggerimento di un gruppo di cittadini: le autorità non avrebbero fatto alcunché per fare luce sulle mosse poco chiare da parte dell’operatore British Telecom in relazione al fenomeno del behavioral advertising .
Tra il 2006 e il 2007, infatti, BT avrebbe sperimentato questo tipo di pubblicità affidandosi a Phorm , che si è intrufolata nel traffico Internet degli utenti dell’ISP senza che venisse richiesto alcun tipo di autorizzazione. “La Commissione ha ricevuto molte lamentele da parte dei cittadini britannici – ha spiegato Selmayr – e la nostra attenzione si è subito indirizzata verso di loro. Appare chiaro che la UE debba intervenire, annunciando che questa è l’ultima possibilità per il governo britannico di risolvere definitivamente la questione”.
L’Europa non ha nascosto troppo l’intenzione di spingere per la modifica della stessa legge britannica in materia , come sottolineato dal Commissario per la Società dell’Informazione e dei Media, Viviane Reading: “Richiamo le autorità britanniche a cambiare la legge nazionale per permettere ai suoi cittadini di godere pienamente delle tutele europee relative alla riservatezza delle comunicazioni elettroniche”.
Una lettera d’avviso è stata spedita al governo di Londra, come confermato da un portavoce dell’ Home Office : “Siamo seriamente impegnati nella protezione dei dati dei nostri utenti e valuteremo la lettera della UE, rispondendo alle sue preoccupazioni”. E la Commissione ha dato due mesi a Londra per rispondere , ricordando che in caso di inadeguatezza della replica, potrebbe venire avviata una causa presso la Corte di Giustizia europea. “Se si arriverà a coinvolgerla – ha concluso Selmayr – con l’accusa di violazione della legge a carico del Regno Unito, sarà possibile richiedere anche delle sanzioni di natura pecuniaria”.
Mauro Vecchio