Roma – C’è maretta al di qua e al di là dell’Atlantico: il rischio che la tradizionale neutralità della rete venga meno si fa di ora in ora più concreto. Negli USA, dove la questione è stata posta in origine, i parlamentari che sembravano sul punto di bloccare l’ipotesi di una Internet a due velocità ora ci stanno ripensando.
“Gli Stati Uniti sono in procinto di riformare tutta la legislazione in merito alle telecomunicazioni”, ha riferito Ted Stevens, capo della commissione parlamentare sulle telecomunicazioni, “e purtroppo la situazione sta sfuggendo di mano: sempre più parlamentari sono a favore di Internet a due velocità”.
Il concetto è semplice: i grandi provider intendono prendersi una “fetta” dei proventi della vendita di contenuti online, ad esempio quelli multimediali, offrendo banda “premium” ai fornitori di contenuti che pagano e relegando gli altri a utilizzare la banda che avanza. Si tratta di scenari stigmatizzati da esperti di primo rilievo, come il padre della rete Vinton Cerf, e analizzati da osservatori di grosso calibro, come Doc Searls.
Il forte impulso dei grandi operatori di telecomunicazione, dicono ora le cronache parlamentari americane, sembra destinato a travolgere anche la normativa per la neutralità della rete che tante speranze aveva suscitato nelle scorse settimane.
Stevens, completamente favorevole al principio di neutralità, sa che aziende del calibro di Google , Cisco , Amazon e Verizon sono sulla linea di partenza per far scattare i meccanismi di pressione sui politici e velocizzare l’approvazione di una riforma radicale in nome del modello pay per play .
Le conseguenze dell’introduzione di questo nuovo modo di gestire l’infrastruttura di rete sarebbero estreme e potrebbero cambiare totalmente le dinamiche dell’Internet che abbiamo finora conosciuto. La qualità dei servizi potrebbe fluttuare a seconda del pagamento di nuove tariffe , con la conseguenza dello stabilirsi di un mercato extralusso e di un ambiente digitale di secondo piano.
Una situazione che secondo Preston Gralla , esperto di fama nel settore della telefonia, potrebbe determinare grandi cambiamenti nel mondo del VoIP , favorendo tutti quei fornitori di servizi di telefonia che si appoggiano a grandi ISP nazionali, padroni di grandi porzioni delle dorsali di comunicazione e di reti in fibra ottica. Infatti, una volta eliminato il principio della neutralità, i fornitori di servizi potranno dare priorità e maggiore velocità pagando i gestori delle autostrade dell’informazione . Per esempio, l’ISP Comcast , dotato di una grande infrastruttura telematica, potrebbe decidere di bloccare la competizione di altri operatori VoIP applicando una tassa extra che garantisca velocità accettabili sulle proprie dorsali.
Nei prossimi mesi, conclude Ted Stevens, potrebbe perciò “verificarsi improvvisamente” una situazione di nuovi monopoli , complessa ed inquietante.
Persino il fondatore di Microsoft , Bill Gates, ha condannato i rischio di una Internet senza neutralità: “Anche se non siamo un ISP, facciamo parte dei soggetti coinvolti nel dialogo attorno alla neutralità della Rete”. Gates sostiene che nel mondo delle telecomunicazioni “ci sono principi positivi come la neutralità, capaci di portare benefici per tutti”.
In Italia
Sebbene il dibattito abbia preso avvio negli USA, anche in Italia si inizia a parlarne.
Ieri, al convegno di ConfCommercio sulla banda larga tenutosi a Roma, il direttore Public & Economic Affairs di Telecom Italia , Riccardo Perissich, ha spiegato nel suo intervento come i nuovi “competitor” per un colosso come l’incumbent italiano non siano più soltanto le tradizionali società della telefonia e della connettività ma anche, e in prospettiva “soprattutto”, i grandi fornitori di servizi online.
Citando espressamente Google, o Skype, Perissich ha spiegato che l’utilizzo delle infrastrutture di rete da parte di questi servizi deve in qualche modo portare ad una compensazione per il gestore delle stesse.
Sulla questione si sono espressi anche i provider di Assoprovider che vivono con preoccupazione questa prospettiva. Il palesarsi di una rete governata nei suoi meccanismi economici solo dai grandi gruppi, evidentemente, è uno scenario che mette i brividi a molti e che potrebbe provocare non poche ripercussioni sull’attività degli operatori minori.