Roma – Parte un’altra crociata contro la pirateria informatica e questa volta è “made en France”. La Commission National de l’Informatique et des Libertés (CNIL) – omologa della nostra Autorità Garante per la privacy – ha appunto emanato una autorizzazione generale al trattamento dei dati in forma automatizzata al fine di individuare coloro che si connettono alla rete compiendo reati contro la proprietà intellettuale.
D’ora in poi difatti, le aziende creatrici di programmi per videogiochi o software simile potranno trattare gli indirizzi IP al fine di sconfiggere gli illeciti compiuti sulle opere.
L’autorizzazione è stata espressamente richiesta dalla SELL, l’associazione francese cui aderiscono editori di programmi per giochi ed intrattenimento, i quali hanno fatto appello ad una specifica previsione normativa francese secondo cui l’Autorità preposta alla tutela della privacy può autorizzare talune categorie che ne facciano richiesta al trattamento automatizzato di dati personali relativi a reati, misure limitative o condanne allo scopo di salvaguardare da violazioni copyright e proprietà intellettuale.
Così una volta ricevuta la richiesta della SELL, la CNIL ha deliberato favorevolmente alla richiesta dell’associazione partendo dall’assunto per cui è derogabile il rispetto del principio di riservatezza laddove sia necessario preservare il diritto d’autore dai sempre più ricorrenti illeciti compiuti tramite la rete internet.
Sostanzialmente la CNIL ha stabilito che gli associati SELL potranno raccogliere gli IP sia per inviare messaggi di avvertimento con i quali gli utenti che scaricano programmi senza autorizzazione, siano informati dell’illecito che stanno compiendo e delle sanzioni cui potrebbero incorrere, sia per segnalare alle Autorità Giudiziarie competenti gli illeciti commessi attraverso la consegna di verbali. In quest’ultimo caso però il trattamento degli IP sarà consentito solo qualora ricorrano reati particolarmente gravi.
La decisione della CNIL è stata alquanto discussa anche oltre i confini francesi, considerato che comunque potrebbe rappresentare un primo passo verso una maggior profilazione degli utenti internet a discapito della loro riservatezza.
Inoltre discutibile appare l’eccessivo margine di manovra a favore degli associati alla SELL: inviare un messaggio di avvertimento a chi sta scaricando un programma magari rappresentandogli le relative sanzioni ha un po’ il sapore della minaccia privata… anche se è vero che avvertire di poter far valere un diritto non può equivalere a minaccia!
Per taluni la decisione della CNIL rappresenta forse un po’ una ammissione di impotenza dinnanzi alla vastità della rete ed alle dinamiche dello sviluppo della pirateria.
Per altri, rimettere direttamente ai privati (in questo caso alle aziende produttrici) la facoltà di indagare circa gli IP cui siano riconducibili eventuali violazioni del copyright o della proprietà intellettuale non è altro che una forma maggiore di impegno nella lotta alla pirateria: in fondo gli IP sono dati pubblici, gli intestatari sono talvolta rintracciabili mediante il RIPE e quindi un aiuto nel monitoraggio delle attività connesse alla pirateria può essere visto solo come un contributo a favore del diritto di autore.
Avv, Valentina Frediani
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I precedenti interventi dell’avv. Frediani sono disponibili qui