Incessanti sono stati gli spot in televisione o prima dell’inizio di un film nelle sale cinematografiche per sensibilizzare le persone sulla questione della pirateria online. Lo spot recitava così: “Scaricare da internet film pirata è come rubare. Rubare è contro la legge. Rubare è un reato”. Il tema ritorna alla ribalta e la differenza tra il furto fisico e la condivisione digitale è stata analizzata da un recente studio pubblicato sulla rivista Psychology </em< effettuato su un campione di circa 200 studenti statunitensi e condotto da alcuni ricercatori della University of Nebraska-Lincoln guidati dal professor Talia Wingrove.
Dallo studio è emerso che, nonostante le leggi, le campagne di sensibilizzazione e le pesanti multe volute e propagandate dall’industria discografica, gli studenti credono che esista una differenza tra rubare un CD da un negozio e scaricare musica o altro materiale digitale in rete . L’obiettivo della ricerca era quello di analizzare la differenza di atteggiamento, laddove esistesse, tra il rubare un qualsiasi contenuto materiale nella vita reale o effettuare il download di un album da internet o condividere musica con i compagni.
I ricercatori hanno poi classificato le reazioni degli studenti sulla base di certi deterrenti (il rischio di essere scoperti o il timore di essere puniti dalla legge), la morale (l’attività è sbagliata oppure immorale), l’influenza sociale (se le persone a loro vicine o i genitori disapprovassero il gesto), il rispetto per il settore e l’obbligo di obbedire alla legge.
Analizzando tali aspetti è emerso che il rubare un CD viene percepito come un’azione moralmente sbagliata, convenendo che sia giusto non intraprenderla sentendosi in obbligo nel rispettare la legge. Al contempo, il campione ha evidenziato che scaricare musica da Internet è percepito come un’operazione meno grave. Gli studenti si sentono molto meno scoraggiati dal furto online per il quale esiste solo in minima parte una percezione moralmente sbagliata del gesto, per cui non esiste nessuna influenza sociale contraria che spinge a desistere e di conseguenza non si avverte l’obbligo di rispettare le leggi in materia.
I risultati numerici dello studio hanno portato a concludere che tale assunto valga sia per quanto riguarda il download di contenuti digitali sia per la condivisione, esistendo per quest’ultimo fattore una base leggermente superiore. L’intero gruppo, però, non si è comportato in maniera uniforme. I ricercatori hanno osservato che non vi sono differenze significative in base all’età, alla razza, o all’anno scolastico, ma si rilevano invece in base al sesso. Secondo lo studio, infatti, la componente maschile ha mostrato un rispetto più basso per le norme in materia di pirateria in rete, dimostrando anche un minor timore nell’essere scoperti rispetto alle donne. Inoltre, una seconda differenza è rappresentata dalla famiglia di provenienza. Studenti provenienti da famiglie istruite hanno mostrato più rispetto per le norme rispetto a quelli provenienti da famiglie meno istruite.
Il professor Wingrove ha dunque spiegato che “scaricare musica illegale si differenzia significativamente dal furto tradizionale, nonostante entrambe le azioni siano da considerarsi forme di furto, per vari aspetti”. Primo fra tutti il fatto che non esista un danno fisico e sia più facile sfuggire alla cattura. Anche la minaccia di azioni legali di massa da parte dell’industria del copyright non sembra dissuadere gli studenti dal download illegale. Inoltre, vi è un ampio sostegno sociale per il comportamento all’interno della comunità Internet e nei campus universitari. A tal proposito Wingrove ha sottolineato la difficoltà nel far rispettare le leggi nel settore o di trovare nuovi modi per scoraggiare il furto di tutti i tipi di contenuto digitale.
I ricercatori hanno però avvertito che i dati della ricerca provengono da un momento della storia di Internet che probabilmente influenzato le risposte degli studenti su alcuni quesiti. I dati sono stati raccolti intorno al 2005 , in un momento di grandi campagne contro il file sharing. Ora la percezione potrebbe essere cambiata. “Crediamo – si legge nello studio – che questa analisi sia importante perché apre la possibilità mettere alla prova questi dati e confrontarli con future ricerche”.
Raffaella Gargiulo