Quest’anno cade il cinquantenario della nascita di PLATO, un sistema educativo informatico partito negli USA nel 1960 da cui sono poi scaturiti molti dei concetti e delle tecnologie dell’informatica odierna: dalle chat (1974) e instant-messaging (1973), ai giochi multiplayer (1974), dai monitor al plasma al touchscreen (1964).
Il governo statunitense, in eterna fase competitiva con le eccellenze formative sovietiche, si preoccupava di colmare il gap educativo e di garantire alle nuove generazioni postbelliche un’istruzione adeguata. Decise quindi di usare la tecnologia stessa per assistere la fase di apprendimento in quello che potremmo definire l’antenato dell’e-learning.
Nella fattispecie il PLATO fu prima implementato nel computer ILLIAC dell’Università dell’Illinois, e dal 1976, anno in cui diventa un progetto commerciale, reso accessibile dall’azienda madre CDC a istituti di medie superiori, militari e altre strutture didattiche in dozzine di città sparse su tutto il globo grazie a potenti mainframe collegati a terminali. “Per quasi dieci anni, c’erano più utenti PLATO che di Arpanet, il precursore di Internet” ama ricordare Brian Dear, curatore del suo principale sito celebrativo .
Proprio la necessità di impartire corsi ad allievi che non fossero stoici studenti d’ingegneria stimolò la necessità di un approccio meno ostico, i terminali furono dotati nei primi anni ’70 di schermi ad altissima risoluzione (512×512 pixel) capaci di grafica vettoriale nativa, di periferiche in grado di generare sonoro (un sintetizzatore a quattro canali audio e uno vocale) e nel complesso si ebbe una tutt’altro che rudimentale multimedialità, pura fantascienza per l’epoca.
Le lezioni era possibile riprogrammarle in loco grazie al linguaggio dedicato di questa piattaforma, il TUTOR , tutto sommato molto abbordabile anche dai novizi. La generosa potenza di calcolo, il fenomenale comparto audiovisivo, la facilità di sviluppo e soprattutto la frubilità estesa anche ai comuni mortali diedero vita a una serie di applicativi anticipatori dei servizi web attuali (newsgroups, IM, chat ecc), e a dei giochi spettacolari in 2D e 3D (antenati di Microsoft Flight Simulator, Doom). Non a caso sul PLATO si sono svezzati nomi del calibro di Ray Ozzie (Lotus Notes, oggi a Microsoft) e Phil McKinney (vicepresidente e CTO alla HP).
La disponibilità di home computer a inizio anni ’80 pareva volesse togliere al PLATO lo scettro dell’alfabetizzazione digitale delle masse, la casa produttrice cercò quindi di sfruttare la situazione a suo vantaggio mettendoli in condizioni di fungere da terminale remoto tramite modem e un porting del software di comunicazione su TI99/4A, Atari ad 8 bit , TRS-80 e IBM-PC. Purtroppo per la CDC le cose non andarono per il verso giusto: anche volendo soprassedere sulle difficoltà legate alla risoluzione troppo ridotta dei monitor casalinghi, la tariffa di 50 dollari l’ora per la connessione al mainframe centrale (da sommarsi alle già non troppo amichevoli bollette telefoniche) rendeva proibitivo l’uso hobbistico, e la succulenta offerta Homelink che la ridimensionava ad un ben più ragionevole 5 dollari per 60 minuti arrivò troppo tardi.
Scomparso dalla vita quotidiana, PLATO sopravvisse in ambito accademico e nelle reti interne di grandi aziende molto caute nelle migrazioni brutali ad altri sistemi fino al 2006, quando l’ultimo modello su cui era installato fu spento. La memoria di chi sia stato così fortunato da provarlo invece rivive grazie a Cyber1 , un emulatore online, e a “The friendly orange glow”, libro in uscita tra qualche mese.
Fabrizio Bartoloni