A tutte le famiglie che hanno sborsato loro malgrado cifre più o meno cospicue per l’avventatezza dei più piccoli nello smanacciare con gli acquisti in-app, Google rimborserà gli addebiti, stanziando una cifra minima di 19 milioni di dollari.
La Federal Trade Commission statunitense ha approvato la proposta con cui Mountain View intende rimediare ai danni emersi insieme alle rimostranze di genitori sorpresi dalle spese compiute dagli infanti di casa: secondo le autorità, fin dal 2011, Big G avrebbe violato le leggi statunitensi che tutelano i consumatori dagli acquisti truffaldini, permettendo che gli acquisti in-app venissero conclusi troppo agevolmente.
Nel momento in cui Google ha introdotto gli acquisti in-app per le applicazioni del proprio app’store, acquisti dai quali trattiene per sé una percentuale, non ha previsto alcuna misura di sicurezza per permettere agli intestatari di effettuare transazioni consapevoli: nessuna autenticazione separava colui che impugnasse un dispositivo Android dall’ottenere contenuti aggiuntivi per le applicazioni installate. Solo successivamente, nel 2012, Google ha introdotto un meccansimo che richiedesse una password per concludere l’acquisto: una soluzione che avrebbe protetto i genitori dalle spese incaute dei minori, se solo l’inserimento della password non avesse spalancato una finestra temporale di 30 minuti di libero acquisto.
Google, a seguito delle lamentele degli utenti, ha poi provveduto a consentire di impostare Play Store in modo che venga richiesto l’inserimento della password per ogni acquisto in-app. Mountain View si è così allineata alle politiche adottate da Apple, che per prima era stata denunciata da genitori di figli sperperatori, si era confrontata con la FTC per poi essere costretta a rimborsare le famiglie con 32,5 milioni di dollari.
Sulle stesse orme di Apple, che avrebbe segnalato la posizione di Google allla FTC, ora Mountain View accetta di rifondere gli intestatari delle carte di credito a cui i piccoli hanno inconsapevolmente attinto: tutti gli utenti che hanno effettuato acquisti in-app verranno informati della possibilità di ottenere i rimborsi per le operazioni non autorizzate.
Un destino simile potrebbe ora attendere Amazon, anch’essa sotto la lente della FTC per il proprio sistema di acquisti in-app, che incoraggerebbe le spese inconsulte con il sistema delle finestre temporali a seguito del primo inserimento della password. Le autorità di mezzo mondo, Italia compresa , stanno studiando e tentando di regolamentare il mercato delle applicazioni freemium, un settore in fermento su cui il polverone sollevato dai pionieri sembra ancora doversi depositare, prima di lasciare spazio alla trasparenza.
Gaia Bottà