PlayStation Network (PSN) è off-line da quasi una settimana, e a quanto pare questa volta la responsabilità non è ascrivibile al collettivo Anonymous. Sony conferma il problema e chiede agli utenti di pazientare ancora un po’, mentre gli hacker si smarcano e accusano: il colosso nipponico non la racconta giusta.
Nel suo ultimo aggiornamento sul downtime di PSN, Sony dice di essere impegnata a “ricostruire il sistema per rafforzare ulteriormente l’infrastruttura di rete”. Si tratta di un compito “che richiede tempo”, dice Sony, ma è un tempo che andava comunque speso visto che la rete è stata compromessa da un non meglio precisato attacco proveniente dall’esterno .
Con PSN e Qriocity fuori gioco, una parte non trascurabile delle funzionalità di intrattenimento dei dispositivi Sony (PSP e PS3 in particolare) è inaccessibile : il multiplayer non funziona, i giochi e i contenuti multimediali non sono accessibili e i 75 milioni di sottoscrittori ospitati da PSN non hanno granché da fare se non gradiscono i videogiochi in single-player (per lo meno quelli che non necessitano di autenticazione online).
Ma se Sony tiene la bocca cucita sui retroscena di questa sua “crisi” tecnologica, una possibile spiegazione dell’accaduto arriva da un membro di psp-scene.com noto come Chesh : stando allo smanettone la multinazionale avrebbe chiuso PSN a causa di REBUG , un nuovo firmware custom in grado di trasformare una PS3 “liscia” in una per sviluppatori fornendo pieno accesso a quella parte di PSN dedicata ai succitati addetti.
Accedendo alla rete con una PS3 modificata con REBUG, dice Chesh, è possibile farsi beffe dei controlli e portare a termine ogni genere di “truffa” ai danni delle tecnologie di protezione, riautenticando online console precedentemente “sospese”, acquistando contenuti con carte di credito fasulle e via di questo passo.
Al momento Sony non ha rilasciato commenti ufficiali su REBUG e la presunta pirateria rampante sulla porzione per sviluppatori di PSN, ma il fatto che la stessa corporation nipponica non abbia ancora fornito per il momento rassicurazioni sulla sicurezza dei dati sensibili degli utenti – numeri di carte di credito inclusi – non lascia presagire nulla di buono.
Alfonso Maruccia