Politica a caccia del Web 2.0

Politica a caccia del Web 2.0

Il leader dei conservatori inglesi ha lanciato un blog di ultima generazione. Sono sempre di più i politici impegnati nella divulgazione sul Web, con risultati alterni, anche in Italia. Si sfidano a suon di colpi bassi su YouTube
Il leader dei conservatori inglesi ha lanciato un blog di ultima generazione. Sono sempre di più i politici impegnati nella divulgazione sul Web, con risultati alterni, anche in Italia. Si sfidano a suon di colpi bassi su YouTube

David Cameron, il leader del partito conservatore inglese e aspirante alla poltrona di primo ministro ha un blog . Un blog in perfetto stile Web 2.0 . Da media prediletto della controinformazione, da media utilizzato per campagne di sensibilizzazione e resposabilizzazione dei cittadini, il Web, quello che si costruisce con le reti sociali, diventa arma affilata (ma in alcuni casi impropria) in mano ai politici.

“Voglio ripulire la politica”, annuncia Cameron dall’intimo calore della sua cucina, tra cozzare di piatti e gridolini della figlia assonnata, con un video in linea con quelli che si possono apprezzare su YouTube. Si può ammirare anche una avanzatissima nube di tag , che mostra gli argomenti più discussi. Non poteva mancare un’etichetta con la scritta “beta”.

Molte le voci che intessono panegirici, che ritengono il videoblog un riuscito tentativo di mostrare il volto umano della comunicazione politica, lasciando che il candidato si esprima e si metta in discussione in prima persona. E reputano che il weblog di Cameron riuscirà a stabilire un rapporto bidirezionale con il pubblico elettore, un nuovo pubblico elettore, giovane e avvezzo a video, blog, e agli strumenti del Web 2.0.

Ma non manca chi ritiene che il blog di Cameron sia un affronto ai social media, che sia l’ennesimo tentativo di propinare un brand, che sia un disprezzato prodotto degli spin doctor . Il rapporto con il pubblico viene moderato, si dice, e da esso filtra solo quel che è conveniente, tanto più che qualcuno lamenta di essere stato bannato per aver richiesto informazioni riguardo al programma fiscale.

Ciò non toglie che, anche per quanto riguarda l’ acquisizione di popolarità , il weblog di Cameron si sia sapientemente avvalso di tutte le leggi e di tutti i meccanismi del Web 2.0 , viral marketing compreso. Il blog è stato infatti oggetto di repliche da parte di avversari politici, sferrate con gli stessi mezzi.

L’affettata familiarità di Cameron ha suscitato la sguaiata controffensiva da parte di Sion Simon, membro del parlamento inglese, labour, che ha lanciato un video-parodia su YouTube.. Entrambi, videoblog di Cameron e video di Sion, dopo la protesta dei Tory, hanno raggiunto l’agognata popolarità.

Il blog di Cameron ha attirato anche un fenomeno di : un piccolo partito avversario si è appropriato di un con quello dell’aspirante primo ministro e vi ha pubblicato un tratto da un programma tv.
Ma, bene o male, l’importante è che se ne parli. L’intento di molti politici oggi sembra quello di guadagnare popolarità con Internet presso un altrimenti irraggiungibile target giovane . Il Web 2.0 potrebbe consentire di creare un dialogo con i frequentatori, di immagazzinare prezioso feedback , di influire sulla quotidianità . E per di più video e podcast non vengono conteggiati nell’affollamento per la par condicio, né sono regolamentati nel silenzio pre-elettorale.
Molti sono i politici che hanno colto l’opportunità, spiega l’autorevole Business Week .

Nell’articolo si citano come esempi positivi il modello olandese e quello francese , con il blog dell’ex ministro delle finanze Dominique Strauss-Kahn , l’ardito podcast di Nicolas Sarkozy , ministro francese degli interni, che già da tempo ha intuito la potenzialità del Web, monitorando i blog ai tempi delle rivolte nelle banlieu , e direzionando verso il sito del suo partito le ricerche che contenessero parole attinenti alla rivolta.

Sono molti anche gli esempi di blog politici che risultano semplici raccoglitori di comunicati stampa scritti in prima persona . Business Week cita come esempio la Germania. Sono iniziative di vecchio stampo, nonostante proliferino i consigli per gestire in modo appropriato la propria campagna sul Web 2.0, inserendola e valorizzandola nel dispiegamento delle manovre sui vari media.
Spesso l’approccio non è sistematico, e si abbandona il contatto con il pubblico del Web non appena si raggiungono le scadenze elettorali, con un gran sospiro di sollievo da parte di molti politici, che dimostrano di non aver compreso il valore del mezzo.

Anche in Italia , pur essendo riscontrabili episodi positivi, non mancano i tentativi maldestri. Un esempio recente secondo alcuni è quello di Letizia Moratti che, nel rincorrere l’ambita poltrona di sindaco di Milano, si è resa protagonista della registrazione a raffica di domini corrispondenti a tutte le vie del capoluogo lombardo. L’intenzione dichiarata era creare un enorme comunità virtuale. Ma su quelle pagine ora campeggia soltanto il suo viso esultante.

Gaia Bottà

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Pubblicato il
26 ott 2006
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