Si configura come un’applicazione per apprezzare in streaming i contenuti che fluiscono nelle reti del P2P: Popcorn Time, considerato a se stante, è un servizio perfettamente legale, e sono i contenuti che gli utenti scelgono di fruire, eventualmente, a risiedere in Rete illegalmente. Nonostante la neutralità del codice, gli sviluppatori originari hanno abbandonato il progetto nel timore di scontrarsi con l’industria del copyright: la Rete ha accolto e cresciuto il progetto, e spetta ora alla community confrontarsi con i detentori dei diritti che si ritengono lesi da questo strumento.
Gli studios, dopo aver ottenuto la resa di GitHub, che si è rassegnata a rimuovere il codice dei numerosi fork di Popcorn Time, si sono rivolti alle autorità del Regno Unito e hanno saputo convincere l’autorità giudiziaria della necessità di un intervento: Twentieth Century Fox, Universal Studios, Warner Bros., Paramount Pictures, Disney e Columbia Pictures hanno chiesto l’inibizione degli accessi a siti legali, che distribuiscono software legale, che può essere usato dagli utenti per fruire di contenuti condivisi illegalmente. La High Court di Londra, presieduta dal giudice Colin Birss, ha riconosciuto questi gradi di separazione dall’illecito, e non ha accettato di assimilare questi siti ai siti che ospitano opere protette dal diritto d’autore. Ha avallato però la richiesta di blocco sulla base delle “manifeste intenzioni” per cui mettono a disposizione il software che ospitano e ha decretato l’inibizione degli accessi a numerosi domini, fra cui popcorntime.io , flixtor.me , popcorn-time.se e isoplex.isohunt.to , siti che ospitano fork del progetto originale, nonché di altri domini che sono variamente correlati a questi fork. Proprio in questa correlazione il giudice ha rilevato l’illecito.
Analizzando puntigliosamente il funzionamento di Popcorn Time e dei suoi fork, il giudice osserva che “queste applicazioni localizzano i torrent nel catalogo dei siti che ospitano i torrent stessi” e offrono “contenuti costantemente aggiornati” poiché le applicazioni si sincronizzano costantemente con degli index. Gli index, raccordo tra i siti che ospitano i torrent e l’applicazione Popcorn Time, sono ospitati dai medesimi domini che offrono il download dell’applicazione o da domini terzi (definiti “source of update”, SUI).
Il sito che offre il download dei fork , spiega il giudice Birss, nella gran parte dei casi viene semplicemente utilizzato dagli utenti per scaricare un’applicazione: “questi siti semplicemente non compiono alcun atto di comunicazione al pubblico di opere protette da copyright”, sottolinea il magistrato. I siti definiti SUI , spiega il giudice, tecnicamente “rendono visibile un catalogo dal quale è possibile selezionare il film da vedere”: nella decisione il magistrato spiega però che questi siti non si mostrano al pubblico, che probabilmente è inconsapevole della loro esistenza, e che per questo motivo non sono da ritenersi responsabili di una comunicazione al pubblico non autorizzata.
Il giudice osserva però che Popcorn Time e i suoi fork, di fatto, sono inevitabilmente dei mezzi per la violazione del copyright: “sono i mezzi con cui gli utenti trovano i contenuti che desiderano, sono i mezzi che scaricano e assemblano i frammenti dei file dei contenuti con il protocollo BitTorrent e sono i mezzi che mettono a disposizione il media player con cui l’utente guarda l’opera protetta da copyright”. Al contempo “Popcorn Time accede ai contenuti sulla base di un index e questo index è controllato dai fornitori del software”: è lo sviluppatore, argomenta il giudice, a scegliere il sito SUI con il quale l’applicazione si deve sincronizzare, e sulla base di questa sincronizzazione determina l’aggiornamento del catalogo proposto agli utenti, senza mettere in campo alcuno strumento per prevenire le violazioni del diritto d’autore. Ma anche questa relazione non basta al giudice per decretare la responsabilità degli operatori dei siti che mettono a disposizione i fork di Popcorn Time.
È il successivo grado di separazione a risultare determinante nella decisione del giudice. I siti SUI, spiega, a loro volta attingono ai siti che ospitano i file torrent , che di fatto sono necessari per la fruizione dei contenuti da parte degli utenti e che la giurisprudenza ormai considera siti pirata: “sono convinto – scrive il giudice – che i fornitori del software di Popcorn Time operino con l’intento, comune agli operatori dei siti che ospitano i torrent, di garantire la comunicazione al pubblico delle opere protette, violando quindi il copyright”. È proprio in questa comunanza di intenti che il giudice individua l’illecito: “gli operatori di questi siti (quelli che offrono il software e i SUI) sono corresponsabili della violazione commessa dagli operatori dei siti che ospitano i torrent”.
Le argomentazioni del giudice si discostano da quelle fornite dai detentori dei diritti, che nelle loro rivendicazioni hanno delineato la posizione dei siti che propongono il download dei fork di Popcorn Time riconducendola semplicisticamente a una giurisprudenza ormai consolidata, ma l’industria dei contenuti ha conseguito in ogni caso l’obiettivo: i fornitori di connettività hanno pochi giorni per far calare i filtri. Open Rights Group, associazione che vigila sui netizen del Regno Unito, avverte : “In questo caso il software è stato progettato e integrato con dei servizi web pensati al solo scopo di mettere a disposizione contenuti commerciali in violazione del diritto d’autore”, niente da eccepire dunque sulla articolata decisione del giudice Birss, ma “sarebbe sbagliato, per esempio bloccare il codice delle applicazioni o i protocolli su cui si basano e le tecnologie come BitTorrent”.
Gaia Bottà