Nel decreto legge approvato nella serata di ieri dal Consiglio dei Ministri trova posto anche la conferma delle doppia multa per negozianti e professionisti che non accettano pagamenti elettronici tramite POS. Sarà in vigore a partire dal 30 giugno 2022 e non dall’1 gennaio 2023 come ipotizzato in precedenza. Immediata la reazione di Confesercenti, che in un comunicato esprime la propria soddisfazione per la volontà di puntare sulla lotta ad evasione e sommerso, ma al tempo stesso sottolinea l’esigenza di farlo senza ulteriori aggravi per le imprese.
Si rafforzi la lotta all’evasione fiscale e al sommerso in genere, ma lo si faccia senza creare ulteriori aggravi per imprese e professionisti.
Confesercenti sulla doppia multa per chi è senza POS
L’associazione ribadisce come sia necessario ridurre i costi di utilizzo e gestione dei terminali. Una richiesta legittima, considerando le commissioni alle quali attività commerciali, ristoratori e fornitori di servizi si trovano a dover far fronte per incassare da carte di credito, di debito, bancomat o applicazioni.
… il migliore incentivo è ridurne i costi di utilizzo. A partire dai piccoli pagamenti sotto i 50 euro, che dovrebbero essere resi completamente esenti da commissioni, aprendo allo stesso tempo ai sistemi di pagamento di nuova generazione, alternativi al circuito delle carte di credito e di debito.
Ricordiamo che l’obbligo di accettare transazione con POS è in vigore in Italia fin dal 2014. A prevederlo è la legge 179/2012 del Governo Monti. Di fatto, non sono però mai state introdotte multe per gli inadempienti, lasciando così una scappatoia a coloro che preferiscono incassare in contanti. Queste le parole di Mauro Bussoni, segretario generale.
Percorrere la strada dell’obbligo e delle sanzioni vuol dire non solo limitare la libertà d’impresa, ma anche introdurre un ulteriore aggravio per le attività economiche, che metterà in difficoltà le attività del commercio e dei servizi più piccole e caratterizzate da margini molto stretti, come i distributori carburanti, i tabaccai, i bar, proprio nel momento in cui la ripartenza della spesa delle famiglie nei negozi è messa a rischio da inflazione e incertezza. L’obbligo è poi particolarmente difficile da rispettare per tutte quelle imprese che operano in zone non coperte da infrastrutture tecnologiche e di comunicazione adeguate.
Cashback di Stato: i conti non tornano
Il comunicato di Confesercenti fa riferimento anche al Cashback di Stato e ai risultati dell’iniziativa, definiti a dir poco deludenti
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… costato 4,75 miliardi per il 2021 e il 2022, vi hanno aderito meno di 9 milioni di italiani. Di questi solo 7,9 milioni hanno visto accettare le proprie transazioni, presumibilmente le classi di reddito più elevate. Risorse che avrebbero permesso di fornire gratuitamente un POS ad ogni partita IVA in Italia.
Nelle cifre riportate, però, qualcosa non torna. L’ammontare complessivo dei rimborsi erogati è pari a 893 milioni di euro per quanto riguarda il cashback del 10% sulle spese in negozio (fino a un massimo di 150 euro a cittadino). A questo si aggiungono i 150 milioni di euro riconosciuti ai 100.000 partecipanti che hanno eseguito il maggior numero di transazioni (1.500 euro a testa). Per essere ancora più precisi, nel conteggio sono da includere anche i rimborsi relativi al periodo sperimentale del dicembre 2020, ad ogni modo di gran lunga inferiori in confronto a quelli del periodo gennaio-giugno 2021. In totale, poco più di un miliardo, molto meno rispetto a quanto stanziato in un primo momento. Inoltre, il programma è stato fermato anzitempo a giugno 2021, dopo uno solo dei tre semestri previsti. Qui sotto un’infografica basata sui numeri ufficiali.
In merito al successo o fallimento dell’iniziativa, la valutazione è quantomeno opinabile. I dati raccolti e condivisi dall’Osservatorio Innovative Payments della School of Management del Politecnico di Milano dipingono un’altra realtà, con un trend di forte crescita dei pagamenti elettronici e digitali per tutto il 2021, a cui ha contribuito anche l’iniziativa innescando un cambiamento nelle abitudini degli acquirenti.