Pisa – Dalla tre giorni dell’IGF, svoltasi di recente presso il CNR di Pisa, ci si attendevano risposte importanti sul futuro di Internet. E, se è vero che “non esistono soluzioni che vanno bene per tutti i Paesi”, come ha fatto notare (apprezzato e riuscito il suo sforzo di conferire in italiano) Markus Kummer – Coordinatore Esecutivo del Segretariato ONU per l’IGF – è pur vero che una linea di pensiero comune sulle problematiche più urgenti dell’Internet nostrana andava pur cercata. E lo si è fatto. A volte con toni più sfumati e incerti (per esempio, quando si è discusso di privacy e sicurezza nei social network), altre con maggiore determinazione e fermezza. Come nel caso del controllo dei contenuti .
Diffamazione, aggiotaggio, diffusione di notizie false, violazioni del diritto d’autore, pirateria: “La gente è spaventata” ha affermato Paolo Nuti, Presidente Associazione Italiana Internet Provider. E così c’è chi ritiene che il filtraggio sull’accesso sia una condicio sine qua non per evitare ogni tipo di abuso e condotta illegale operata a mezzo Internet.
Supponiamo che un dato sito sia reo di una o più delle condotte illecite appena citate. Pur sussistendo l’ovvia esigenza di colpire l’autore degli illeciti , il Presidente AIIP è stato chiarissimo sulle modalità da (non) prendere a modello per ottenere questo fine: “Sequestrare un sito mediante filtraggio sull’accesso – ha affermato Nuti – è un equivoco colossale, oltre ad essere tecnicamente errato”. Si pensi a The Pirate Bay: il giorno dopo il sequestro, il sito – interamente clonato – è risorto online e tuttora vive indisturbato in altri repository. Segno di una via che, quasi sempre, non porta a nulla.
Via che però, secondo Nuti, in alcuni casi ha funzionato bene. Un esempio? La pedopornografia . Ma in quel caso, come ha fatto osservare lo stesso Presidente, il sistema ha funzionato bene perché “è l’utente che desidera ci sia un filtraggio”. E, dunque, il filtraggio diventa un servizio , come tale ben gradito e per nulla osteggiato dagli utenti. Quando così non è – ha continuato Nuti – con la tecnica del filtraggio “si ottengono solo effetti perversi e si rinvia il vero problema, ossia il sequestro reale del sito”.
All’intervento di Nuti ha fatto eco quello di Antonio Baldassarra – Amministratore Delegato di Seeweb – che ha sottolineato ancor più l’aspetto dell’ impraticabilità tecnica del controllo dei contenuti mediante filtraggio: “Non esiste tecnicamente la possibilità di filtrare la Rete – ha affermato Baldassarra con tono che non lascia scampo a equivoci – questo deve essere risaputo”.
Pensate sia davvero risaputo? Beh, non siatene così certi! Se così fosse, come argomentare la sortita del senatore Luigi Vimercati che, pur consapevole della necessità di un “nuovo impulso allo sviluppo della Rete” e del fatto che “sorvegliare e punire non aiuti a svilupparla”, ha poi affermato: “Scopro solo oggi che non esiste la possibilità di filtrare. Io pensavo fosse solo una questione di opportunità”. E come non dar retta a Baldassarra quando, facendo notare come nell’emendamento D’Alia (peccato non abbia partecipato all’evento pur essendo in agenda, aver dato lettura di una sua lettera non ha arricchito il dibattito) si parli espressamente di regolamentare la Rete attraverso “strumenti di filtraggio”, ha fatto osservare che si pone in essere un postulato errato per arrivare a un teorema errato. Strumenti di filtraggio generalizzati e realmente efficaci, ha tenuto a precisare l’AD di Seeweb, “semplicemente non esistono”. Non possono esistere tecnicamente , indipendentemente dalla volontà teorica di applicarli.
E allora la pedopornografia? Qui Baldassarra ha dissentito da Nuti: “Non è stato affatto un caso di successo”. E ha posto l’accento su come, di contro, ottemperare a questa “forma di censura” sia stato un grave errore, perché ha permesso il diffondersi di una logica perversa secondo cui filtrare la Rete diventi una cosa possibile e corretta: “È un errore che noi stessi abbiamo stancamente avallato”, ha confessato schiettamente Baldassarra. Al quale ha replicato con decisione Nuti: “No, non lo abbiamo avallato, abbiamo solo giocato in difesa”. Qualcuno, in sala, evidentemente non era d’accordo. E, scandendo le parole più volte, ha esclamato: “Avete avallato, eccome se avete avallato!”.
Avallato o no, come si esce da questa impasse? Se davvero i filtri non servono e – peraltro – non sono neppure tecnicamente applicabili, come si coniuga l’esigenza di colpire gli autori degli illeciti con il rispetto delle libertà fondamentali del cittadino digitale?
Molti i tentativi di risposta emersi dall’IGF. E con diverse sfaccettature.
Secondo Marco Pancini – Responsabile per le Relazioni Istituzionali di Google in Italia – ci si potrebbe ispirare alla normativa già in vigore sul commercio elettronico: in sostanza, gli ISP non dovrebbero entrare nei contenuti, ma limitarsi alla pronta rimozione di quelli indesiderati nel caso in cui dovessero arrivare opportune segnalazioni.
Domenico Vulpiani – Dirigente Generale della Polizia di Stato – e Antonio Palmieri – Parlamentare della XVI legislatura – hanno invece evidenziato l’esistenza di leggi di per sé sufficienti a regolamentare anche la Rete: “Internet non è un luogo a parte – ha affermato Palmieri – Anche sul Web valgono le leggi che guidano il vivere civile”.
Secondo Marco Pierani (Altroconsumo) – che ha fatto notare la qualità di un dibattito non sempre esaltante, difficile dargli torto – “stiamo perdendo tempo”. Con il “pretesto” di Internet vista come un mondo difficile da controllare, si stanno difendendo posizioni di rendita piuttosto che puntare a nuovi modelli di business.
Esigenza, questa, sottolineata a gran voce da Antonio Busetto (Confindustria SI), secondo il quale il legislatore deve pensare anche ad agevolare il compito delle imprese.
E i provider cosa propongono? Secondo Nuti occorre cooperare, organizzandosi per stringere il cerchio a livello europeo e internazionale : “Occorre arrivare ad accordi internazionali rispettosi dei diritti dei cittadini e dei suoi desideri”. Il suo appello è stato pragmatico: “Facciamo cose concrete e smettiamo di perder tempo con le cose che non funzionano”.
Massimo Mattone