Prato – Sono otto gli internet point dell’area di Prato che il Comando locale della Guardia di Finanza ha posto sotto sequestro preventivo nelle scorse ore. Un’operazione nata dalle indagini sull’immigrazione clandestina e che ha portato alla luce un giro d’affari perlopiù illegale, talvolta gestito da clandestini già sottoposti a decreto di espulsione, aggravato da un uso abusivo e massiccio di opere protette da diritto d’autore .
“I locali (vedi foto in questa pagina) – spiegano i finanzieri a Punto Informatico – erano il ritrovo abituale di clandestini di nazionalità cinese e di persone già sottoposte ad indagine. Erano ben organizzati: non solo offrivano la connessione ad Internet ma anche l’accesso ad una rete informatica che collegava i diversi locali con un server centrale. Qui si trovavano enormi quantità di copie illegali di materiali protetti da diritto d’autore”. L’indagine ha anche messo in luce che numerosi minorenni fruivano degli internet point in orario scolastico e veniva loro offerto l’accesso ad una mole di contenuti pornografici al momento analizzati dalle forze dell’ordine: il timore degli inquirenti è che possano emergere materiali ben più inquietanti dalla vastissima quantità di file residenti su 85 hard disk da 300 gigabyte l’uno.
L’operazione, denominata Net.1 , ha messo dunque in luce anche il mancato rispetto del decreto Pisanu , quello che impone ai gestori di netcafé l’identificazione degli utenti. Anche per questo motivo le Fiamme Gialle hanno confermato a PI che sono stati denunciati i 10 gestori dei locali. Ad aggravare la posizione di alcuni di loro il fatto che – spiegano i finanzieri – “la modalità più diffusa per aggirare le norme del Decreto Pisanu era quella di permettere ai clandestini o alle persone non identificate dal gestore, l’utilizzo di internet attraverso l’impiego di smart card intestate a ignare persone a cui avrebbero fatto capo eventuali irregolarità nella navigazione”.
In particolare vengono loro ascritte “omessa o irregolare tenuta del registro di identificazione introdotto dal c.d. decreto Pisanu (art. 7 legge 155/2005)” nonché “scaricamento da internet ed immissione a fini di lucro in un sistema di rete telematica di opere dell’ingegno protette dal diritto d’autore e detenzione di supporti audiovisivi privi di contrassegno s.i.a.e. e di programmi per elaboratori privi di licenza (art. 171 bis e ter della legge 633/41)”.
Sette persone invece sono state arrestate in quanto si ritiene abbiano violato i decreti di espulsione che li riguardavano. 30 nel complesso le persone denunciate che dovranno rispondere di diversi capi di imputazione.
Sebbene sia scaturita da una indagine andata avanti per circa un anno, nei 3 giorni degli accertamenti e dei sequestri sono stati impiegati più di 80 militari. Il fatto che l’indagine sull’immigrazione abbia toccato gli internet point non deve stupire, in quanto sono moltissimi gli immigrati che fanno uso non solo dei servizi internet ma anche di quelli telefonici a lunga distanza, spesso e volentieri messi a disposizione da queste strutture. “Per rendere l’intervento maggiormente incisivo – si legge in una nota diramata dalle Fiamme Gialle – è stata richiesta la collaborazione, in qualità di ausiliari di polizia giudiziaria, di personale specializzato facente capo alle maggiori associazioni italiane di tutela del diritto d’autore, riconosciute in ambito internazionale, quali B.S.A. (Business Software Alliance); F.P.M. (Federazione contro la pirateria musicale); F.A.P.A.V. (Federazione Anti-Pirateria Audiovisiva); S.I.A.E. (Società Italiana degli Autori ed Editori); SONY”.
I beni sottoposti a sequestro negli internet point comprendono 462 postazioni internet, 581 supporti fonovideografici pirata e più di un milione di opere detenute in violazione del diritto d’autore . Tra queste, specificano gli inquirenti, anche numerosi film che sono oggi in programmazione nelle sale italiane e internazionali, nonché brani musicali degli artisti più quotati, italiani e non, il tutto condito da una enorme quantità di software e videogiochi. Tutti questi materiali, come accennato, erano a disposizione di coloro che avevano accesso alla “rete locale” realizzata tra i diversi net point.
Gli accertamenti per verificare cosa vi fosse esattamente in quell’enorme repository di file sono in corso e richiederanno ancora del tempo. È già stato però verificato che la quasi totalità delle postazioni internet usate nei locali erano basate su sistemi operativi senza licenza.
A latere della conferenza stampa con cui la GdF ha ricostruito l’operazione, BSA per bocca del portavoce del Comitato di BSA Italia, Marco Ornago, ha applaudito il successo di una indagine che ha preso corpo “in un distretto economico cruciale per l’interscambio internazionale, da sempre una vetrina sul mondo del “made in Italy””. Secondo BSA “è di importanza imprescindibile che una perfetta collaborazione fra Forze dell’Ordine e Associazioni di categoria contribuisca a favorire il più capillare controllo della legalità in ogni attività imprenditoriale e commerciale”.