Può fare a meno dei 22 milioni di dollari chiesti a 22 cittadini della Rete responsabili di avere condiviso online performance che documentano l’evolvere della sua carriera. Prince può soprassedere sull’abuso delle proprie interpretazioni, registrate illegalmente e consegnate al mondo per il solo gusto di nutrire gli appassionati, ma non può rinunciare al rispetto dei suoi fan, prodighi consumatori di musica e merchandising e attivi frequentatori di concerti che valgono cospicue somme all’ingresso.
Solo una manciata di giorni fa l’artista noto per il proprio fervore antipirateria aveva denunciato e chiesto l’identificazione di un manipolo di netizen che hanno osato manifestare la propria passione condividendo dei bootleg storici e recenti, violando il diritto d’autore. Prince chiedeva una cifra simbolica di un milione di dollari a testa.
Larga parte degli appassionati ha reagito sdegnata: c’è chi ha promesso di boicottare il prossimo tour, c’è chi ha manifestato la propria delusione nei confronti di un artista che non sa riconoscere la devozione di fan assetati di ogni epifania del proprio idolo, comprese quelle catturate con delle registrazioni di dubbia qualità.
Prince ha ora deciso di manifestare la propria magnanimità ritirando la denuncia e presentando i documenti necessari a chiudere il caso, pubblicati da un legale statunitense che non rappresenta le parti: i responsabili della condivisione dei bootleg, spiegano ora gli avvocati di Prince, “hanno rimosso i download illegali e non compiono più atti di pirateria”.
Si tratterebbe di una questione di qualità: “Il nostro obiettivo è quello di fornire ai fan un’esperienza di alta qualità – ha spiegato l’artista in una nota rilasciata attraverso il suo avvocato – Nel momento in cui vediamo circolare del materiale che non rappresenta quella qualità chiediamo che venga rimosso”. “Comprendiamo il desiderio dei fan di avere più materiale possibile – aggiunge, senza lasciare scampo ai bootlegger capaci di operare in maniera professionale – ma preferiremmo che si procurassero questo materiale direttamente da noi, piuttosto che da terze parti che sono speculatori e non veri appassionati del nostro lavoro”.
Gaia Bottà