Una lettera aperta , firmata da due membri del Congresso statunitense e indirizzata all’attenzione del CEO di Facebook Mark Zuckerberg. Che avrà circa una settimana di tempo per rispondere in via ufficiale ai delicati interrogativi dei rappresentanti repubblicani Edward Markey e Joe Burton. Un allarme fatto scattare da una recente inchiesta del Wall Street Journal , che aveva messo in luce l’ennesimo buco in materia di privacy tra le maglie del sito in blu.
Come in precedenza sottolineato dal WSJ , tutte le app presenti nella classifica delle più usate su Facebook avrebbero inviato informazioni personali verso un gruppo di almeno 25 società terze , tutte specializzate in pubblicità e raccolta dei dati per la profilazione mirata all’advertising. Società che avrebbero dunque rastrellato a mezzo app una gigantesca serie di dati, in specie quello che viene chiamato Facebook ID . Ovvero quel numero unico che viene assegnato dal sito in blu a ciascuno dei profili registrati.
Una falla nell’intero sistema di protezione della privacy di Facebook, almeno secondo la visione dei due congressmen . Una voragine non accettabile dato in particolare l’attuale ritmo di crescita globale del sito in blu , oltre che l’età media dei suoi utenti e soprattutto il livello medio di fiducia riposto da quest’ultimi nel caricare quotidianamente online informazioni personali. Dati che – sempre stando al WSJ – verrebbero dati in pasto agli oscuri signori dell’advertising.
Markey e Burton hanno dunque chiesto a Zuckerberg di rispondere ad una serie di interrogativi. In primis, quanti utenti siano effettivamente stati coinvolti nella trasmissione silente dei vari numeri unici . Poi, quando i responsabili di Facebook abbiano concretamente preso coscienza di questo problema. Ma soprattutto cosa intenderà fare il social network da 500 milioni di amici. Una domanda a cui Zuckerberg dovrà rispondere entro e non oltre il prossimo 27 ottobre.
“Non vediamo l’ora di sciogliere ogni dubbio emerso con l’articolo del Wall Street Journal – ha spiegato Facebook in un comunicato ufficiale – e siamo lieti di poter collaborare con i membri del Congresso Markey e Burton, rispondendo ad ognuna delle loro domande”. Ma il sito in blu pare averlo subito messo in chiaro: le stesse policy interne in materia di privacy prevedono l’invio del Facebook ID verso applicazioni come ad esempio quella di FarmVille . L’idea che questa pratica rappresenti una falla nel sistema sicurezza sarebbe almeno curiosa .
Facebook ha dunque sottolineato come nessuna informazione personale dei suoi utenti venga dirottata tra le braccia di società legate all’advertising mirato. In sostanza, la trasmissione dei Facebook ID sarebbe una pratica assolutamente in linea con le policy interne al sito .
Un articolo di TechCrunch ha infatti preso di mira le tecniche investigative del WSJ , che in primis non avrebbero minimamente considerato un social network come MySpace. Non a caso controllato dalla stessa società a cui fa capo il quotidiano a stelle e strisce. Ma l’articolo non si è fermato qui: l’invio di numeri unici come il Facebook ID non sarebbe un’attività appannaggio del solo sito in blu. L’intero web si baserebbe su questa trasmissione, con il relativo tracciamento per scopi pubblicitari.
Mauro Vecchio