Nella perdurante discussione su Do Not Track list , privacy e tracciamento da parte dei siti entra di peso il World Wide Web Consortium (W3C), con la pubblicazione di due bozze inerenti pratiche condivise di gestione della privacy. Le pratiche, va da sé, andrebbero messe in atto dai webmaster e dalle grandi aziende su base volontaria.
Le bozze sintetizzate dal W3C – che augurabilmente dovrebbero fornire la base per i futuri documenti conclusivi sull’argomento – prendono in considerazione la Tracking Preference Expression , vale a dire un set di standard attraverso cui esprimere la propria preferenza in merito alle pratiche di tracciamento da parte dei siti, e la Tracking Compliance and Scope Specification per la definizione di preferenze “Do Not Track” e le relative pratiche che i siti web dovranno (dovrebbero) mettere in atto per rispettarle.
“Sappiamo che ci sono molti tipi di utenti – spiega Aleecia McDonald di Mozilla Foundation e co-presidente del Tracking Protection Working Group del W3C – Alcuni abbracciano con passione i benefici dei servizi web personalizzati, mentre altri tengono in considerazione la loro privacy più di qualsiasi altra cosa”.
L’obiettivo del W3C è dunque mettere l’utente “al comando” delle tecnologie Do Not Track e delle preferenze di tracciamento (presunte) standard del web, dice McDonald, così che ognuno possa scegliere il profilo che più preferisce.
Quello che il W3C non dice ma che ENISA (European Network and Information Security Agency) evidenzia nel suo nuovo rapporto, invece, è la tendenza a trasformare la moderna pratica di logging ubiquo dei siti e servizi web in un vero e proprio incubo da “tracciamento di vita” online. L’Europa dovrebbe in tal senso prevedere “sanzioni reali” contro l’abuso della pratica da parte delle aziende e dei grandi social network.
Alfonso Maruccia