La Commissione Europea ha ancora una volta messo sotto la lente d’ingrandimento Google/Alphabet, colosso statunitense che secondo le accuse avrebbe implementato una piattaforma di tracciamento degli utenti online incomparabilmente più capace rispetto a quanto potrebbero mai pensare di fare le aziende concorrenti.
L’accusa che ha mosso l’interessamento della UE è arrivata da Oracle , eterna rivale di Mountain View fuori e dentro i tribunali, che ora si lamenta dei cosiddetti “super-profili”: Google, questa la denuncia del gigante dei database , ha cominciato a “fondere” i dati di profilazione del suo network di advertising con quelli dei servizi telematici su cui sono disponibili informazioni di identificazione personale degli utenti.
Fino allo scorso giugno, la privacy policy di Google parlava espressamente di separazione tra i cookie di DoubleClick e le succitate informazioni di identificazione estraibili da YouTube, Google Search e compagnia, a meno di una decisione diretta da parte dell’utente tramite procedura di opt-in.
La policy aggiornata, invece, parla di una “possibile” associazione tra le attività sugli altri siti e app e le informazioni personali per “migliorare” i banner pubblicitari forniti da Google. Tale associazione dipende dalle impostazioni degli account , spiega Mountain View, quindi l’utente potrebbe aver dato l’assenso alla profilazione senza nemmeno rendersene conto.
Questi super-profili fornirebbero alla corporation un vantaggio significativo rispetto alla concorrenza, sostiene Oracle , e l’accusa ha forse maggiori possibilità di venire accolta in Europa che negli USA: la stessa azienda fondata da Larry Ellison ha contribuito a una ricerca mirata a denunciare i collegamenti informativi tra Google e la Casa Bianca (nella precedente amministrazione Obama) in merito all’indagine antitrust gestita dalla Federal Trade Commission.
Non si è fatta attendere la risposta di Google, giunta tramite un suo portavoce: “Nel 2016 abbiamo apportato al nostro sistema pubblicitario un cambiamento completamente opt-in (ossia a cui gli utenti possono aderire in modo del tutto volontario) – recita la nota giunta a Punto Informatico – e abbiamo associato ad esso strumenti di controllo per gli utenti che riflettono il modo in cui le persone usano Google oggi, ossia su molti dispositivi differenti. Oracle sostiene di essere il più grande audience data marketplace del mondo, pertanto sa bene quanto sia competitiva la pubblicità online. Le sue accuse – conclude la nota – sono prive di sostanza”.
Alfonso Maruccia