La denuncia è stata ritirata: la famiglia del ragazzo down, che aveva querelato i responsabili di Google per corresponsabilità nella diffamazione e nella violazione della privacy per non essere intervenuta sui contenuti postati dagli utenti, ha ritenuto che non fosse più opportuno proseguire.
“Il ragazzo e la sua famiglia – ha chiarito il legale dell’accusa Michela Malerba – hanno deciso di non costituirsi parte civile nel procedimento penale pendente avanti il Tribunale di Milano nei confronti dei responsabili di Google Italia (sic) perché ciò non corrisponderebbe ad una sua effettiva tutela”. Il giovane, bersaglio di angherie filmate e postate sulla piattaforma della Grande G, sarebbe altresì bersaglio dell’attenzione dei media, che non fanno che rilanciare e amplificare la risonanza del caso avvenuto oltre due anni fa.
L’avvocato non ha accennato al ruolo di intermediario di Google: si è limitato a fare riferimento al fatto che i responsabili dell’azienda avrebbero “espresso solidarietà per quanto accaduto” e avrebbero dimostrato “attenzione e sensibilità verso le problematiche delle persone diversamente abili e del grave fenomeno del bullismo”. C’è chi parla di un accordo tra Google e la famiglia del ragazzo sancito da un risarcimento in denaro, l’avvocato accenna al fatto che Google avrebbe “messo in cantiere una serie di iniziative a favore del ragazzo che verranno realizzate nei prossimi mesi”.
Se la famiglia ha ritirato la denuncia, l’associazione Vividown non desiste: il tribunale ha accolto la costituzione di parte civile sia per quanto riguarda l’accusa di diffamazione, sia per quanto riguarda l’accusa di violazione della privacy. Anche la costituzione in parte civile del Comune di Milano è stata accolta per il capo di imputazione della diffamazione. La prossima udienza è fissata per il 17 marzo. ( G.B. )