Bruxelles – AMD applaude, e lo fa perché è uno dei produttori di microprocessori che si sentono discriminati da quello che a loro dire succede troppo spesso: in molti paesi europei ancora vengono promossi bandi di appalto che richiedono la fornitura di “processori Intel”. Su questo le autorità antitrust europee, che già stanno investigando su alcuni casi italiani e tedeschi, hanno deciso di allargare il raggio dell’indagine.
La Commissione Europea ha infatti formalmente richiesto a Svezia, Finlandia, Olanda e Francia di fornire spiegazioni su come i bandi per l’acquisto di materiali tecnologici vengono redatti e sul perché alcuni bandi recenti abbiano previsto clausole che a Bruxelles si ritengono potenzialmente “discriminatorie”, nel senso di lesive della concorrenza.
Il riferimento, in particolare, è a quegli appalti che prevedono esplicitamente processori Intel oppure configurano una specifica frequenza di clock dei processori anziché indicare la tipologia di performance che si intende ottenere.
Il problema nasce dal fatto che le regole europee non consentono di nominare in un appalto una specifica “marca” se non quando assolutamente indispensabile per descrivere un determinato prodotto o servizio. Oppure, se la marca viene indicata, è sempre necessario che sia inserita la dicitura “o equivalente”. La sua assenza, o l’indicazione di una specifica frequenza di clock, secondo le autorità europee configura bandi contrari alle normative comunitarie.
Da segnalare che proprio nelle scorse ore per l’Italia il CNIPA ha introdotto il benchmark come metodo ufficiale di valutazione per i bandi di gara relativi ai PC. Una notizia accolta con favore da AMD che per bocca del suo dirigente Marco Piattelli ha espresso la soddisfazione dell’azienda per un adeguamento che, ha spiegato Piattelli, porterà anche un “notevole risparmio nella spesa pubblica”.
Va detto che l’indagine europea andrà per le lunghe: i paesi coinvolti hanno due mesi per rispondere ai rilievi e ai casi specifici segnalati dall’antitrust e, tra esami e ricorsi, i tempi possono dilatarsi ulteriormente. Esito possibile dell’inchiesta, evidentemente, è una rettifica di tutti i bandi individuati come “errati” e una maggiore attenzione delle autorità comunitarie verso gli appalti di questo tipo nei paesi in cui sono state individuate delle violazioni.
Ad ogni modo l’indagine su questa singolare “discriminazione” non ha nulla a che vedere con l’altra inchiesta aperta dall’antitrust sui comportamenti di mercato di Intel in Europa. Un’inchiesta sulla quale la Commissione al momento preferisce non esprimere commenti.