Secondo quanto rivelato dal Wall Street Journal, all’interno delle carte relative alla vertenza antitrust in Texas contro Google sarebbe emersa una importante novità relativa al modo in cui Google ha gestito il suo impero nell’advertising nell’ultimo decennio. Secondo quanto spiegato dalla stessa Google in questi incartamenti, infatti, vi sarebbe un segreto “Project Bernanke” con il quale Mountain View sarebbe riuscito a gonfiare i propri introiti sfruttando le informazioni in proprio possesso.
Project Bernanke: il segreto di Google
Senza scendere nei dettagli della vicenda, che verrà sicuramente approfondita nei mesi a venire, basti immaginare un gruppo che in questa partita è sia partecipante, sia arbitro, sia spettatore: Google avrebbe avuto in mano le redini del gioco con la possibilità di “pilotare” le aste per l’advertising, traendone lucro e favorendo i propri clienti. Nulla che Google ritenga illecito o anormale: il gruppo avrebbe spiegato di portare avanti semplicemente pratiche usate anche da altri.
Resta da capire, però quanto abbia impattato questo progetto secretato sugli equilibri di un mercato advertising nel quale Google fa il bello e il cattivo tempo da anni. Secondo quanto indicato, nel solo 2013 il Project Bernanke avrebbe dirottato nelle casse di Mountain View almeno 230 milioni di dollari, cifra che va come minimo moltiplicata per tutti gli anni a venire. Il sospetto è che il progetto possa aver dirottato ingenti fondi destinati agli editori, trattenendoli attraverso una gestione deviata delle aste relative agli spazi disponibili. Google, in partnership sia con chi vende che con chi compra, avrebbe dunque gestito a proprio vantaggio questo ruolo di intermediario, sfruttando le informazioni disponibili per ottimizzare le proprie entrate: un sospetto che andrà quantomeno approfondito, in virtù del fatto che proprio Mountain View detiene gran parte del mercato adv online a livello globale.
Secondo l’accusa, un progetto similare potrebbe essere la pistola fumante di un sistema monopolistico in grado di inquinare il mercato tramite l’abuso della propria posizione per il controllo dei prezzi. Peter Schottenfels, portavoce Google, avrebbe spiegato al WSJ che questa narrazione sarebbe fuorviante e che il gruppo chiarirà durante la vertenza la propria posizione e la bontà delle proprie pratiche.
Il reclamo del Procuratore Generale Paxton travisa molti aspetti della nostra attività di tecnologia pubblicitaria. Faremo valere le nostre ragioni in tribunale
Saranno sicuramente molte le parti in causa interessate a capire quali siano state le dinamiche (segrete o meno) che hanno indirizzato spese e introiti in advertising in questi anni difficili per i publisher ad ogni livello.