Roma – È andata male ai sostenitori delle libertà digitali che per mesi si sono mobilitati contro la Direttiva sulla Proprietà Intellettuale approvata ieri dal Parlamento europeo.
Come temuto da molti, e nonostante un’operazione di pressione che nelle ultime settimane aveva coinvolto un numero sempre maggiore di parlamentari europei, il testo approvato rimane molto vicino alle richieste delle major del software, della musica e del cinema. Istanze che, secondo chi critica il testo, riducono invece le libertà dei cittadini europei. Durante le votazioni una manifestazione del CODE si è tenuta dinanzi al Parlamento.
La Direttiva, la cui interpretazione risulta al momento tutt’altro che agevole, secondo una nota diffusa dall’Ufficio stampa parlamentare ha comunque tolto di mezzo una delle principali preoccupazioni degli attivisti, vale a dire la punibilità di “atti commessi in buona fede dai consumatori”. Si fa esplicitamente l’esempio dello scaricamento di musica da internet a fini personali, che non sarà perseguibile . Questo perché il testo è stato rivisto per colpire, in particolare, lo sfruttamento commerciale della contraffazione e della pirateria “su scala commerciale”. Una definizione in realtà ambigua che probabilmente troverà una sua soluzione nella ratifica da parte dei singoli stati.
Inoltre, sebbene la Direttiva abbia rimosso le sanzioni penali per gli abusi mantenendo soltanto provvedimenti di tipo amministrativo, i singoli stati membri potranno comunque introdurre forme di restrizione alla libertà personale nei casi di violazione.
Secondo il concetto di Diritto all’informazione approvato dal Parlamento, i provider dovranno fornire i dati degli utenti ai detentori dei diritti laddove questi ultimi intendano perseguire attività illegali condotte, appunto, “su scala commerciale”. Questo significa, come ben spiegato da Robin Gross di IP Justice , che l’Europa adotterà un meccanismo che già ha dimostrato i suoi limiti e che solleva problemi negli Stati Uniti. La grossa differenza rispetto alle normative americane sul copyright, sta nel fatto che la direttiva europea, come noto, copre tutte le forme della proprietà intellettuale , rendendo assai più ampio il campo d’azione.
“Con questa direttiva – ha attaccato Gross, uno dei principali oppositori alla legge – i dati personali dei cittadini europei devono essere forzatamente rivelati ad aziende come Vivendi Universal che potranno ora colpire ed estorcere denaro anche ai consumatori europei”.
Il riferimento a Vivendi Universal di Gross non è casuale. Si è sentito più volte ieri a Strasburgo, perché la relatrice del provvedimento, Janelly Fourtou, è anche la moglie del CEO e chairman di Vivendi, Jean-René Fourtou. Ma non sono bastate le accuse di conflitto di interessi a smontare le tesi della Fourtou, convinta assertrice della mano più pesante possibile contro la contraffazione e la pirateria in qualsiasi forma. Tesi condivise da gran parte del Parlamento comunitario.
Per vedere chi ha votato come è necessario ravanare in questa pagina e aprire il documento.doc “Roll-Call votes of 2004-03-09”.
Nei prossimi due anni, dunque, i paesi membri dell’Unione dovranno adeguarsi al testo comunitario: ciò significherà ratificare la Direttiva con legislazioni nazionali.