Colpisce il libero sviluppo di software, criminalizza molte attività online e trasforma i provider in cani da guardia della rete con l’imposizione di filtri, modalità di indagine a cui partecipano i privati e molto altro ancora: è IPRED2, la proposta di direttiva ( qui la bozza in PDF) sull’imposizione di nuove sanzioni penali “finalizzate a garantire i diritti di proprietà intellettuale”. Tra le sanzioni elencate si parla di carcere, multe elevate, chiusura di attività commerciali, sequestro di beni.
Gli attesi effetti di questa proposta hanno già fatto gridare allo scandalo FSF Europe , Foundation for information policy research FIPR ed EFF ed ora si è levata unanime la voce dei provider italiani di AIIP e Assoprovider . Un intervento tempestivo: proprio tra oggi e domani si attende il voto sulla direttiva da parte della Commissione JURI dell’Europarlamento, che potrebbe con un voto favorevole velocizzare ulteriormente l’iter della direttiva come è formulata oggi ( qui gli emendamenti in ballo).
Gli ISP italiani denunciano il fatto che “le disposizioni penali contenute nella proposta IPRED2 si applicherebbero genericamente a ogni tipo di violazione dei diritti di proprietà intellettuale, siano essi ipotesi di contraffazione fisica che pirateria digitale online”. Una visione priva di qualsiasi criterio di proporzionalità , in cui non si tiene presente il concetto di scala commerciale (su cui si lavorerà proprio in Commissione), legata al concetto che qualsiasi atto di pirateria è da considerarsi come un atto della criminalità organizzata . “La Commissione Europea – spiegano gli ISP – anziché riservare le sanzioni penali più gravi alla contraffazione ed alla pirateria a scopo fraudolento messe in atto dalle organizzazioni criminali, si appresterebbe ad equiparare a tale comportamento, lo scambio on line tra privati di file contenenti film, musica e altre opere protette”.
Va da sé che se l’intento fosse di perseguire esclusivamente gli atti di pirateria su scala commerciale gli ISP potrebbero, come già fanno, collaborare facilmente con le forze dell’ordine e i titolari dei diritti. Ma qui si va ben oltre: la proposta intende eliminare sia il concetto di organizzazione pirata dedita al commercio che quello di intenzionalità della violazione. “Si punta in questo modo – spiegano i provider italiani – ad estendere all’intera Europa un modello che ha ampiamente provato la propria inadeguatezza”.
La formulazione del provvedimento è tale, spiegano i provider, che a poter venire considerata un reato penale sarebbe anche “la mera fornitura di una tecnologia o di un servizio che ha usi sia leciti che illeciti” con i conseguenti “effetti disastrosi sull’innovazione nel settore delle tecnologie e dei servizi dell’informazione e della comunicazione”. Come? Se la direttiva sul commercio elettronico già in vigore esclude le responsabilità dei fornitori di servizi nell’uso eventualmente illegale degli stessi da parte degli utenti, IPRED2 rimette al centro quella responsabilità . “Se questo avvenisse – accusano gli ISP – verrebbero inopinatamente resuscitati i cosiddetti sceriffi delle rete – già precedentemente affossati dal Parlamento Italiano, in sede di revisione della Legge Urbani “.
Ma a preoccupare ulteriormente i provider è anche l’idea di dar vita a squadre investigative comuni con i detentori dei diritti , squadre che, dicono gli ISP, “verrebbero così ad acquisire direttamente informazioni personali sull’attività in rete dei clienti dei fornitori di servizi della società dell’informazione”.
Tra i problemi, però, il fatto che IPRED2 non se la prende “solo” con gli utenti Internet, come denunciano le organizzazioni che si battono per i diritti civili in rete e il libero sviluppo del software.
Secondo Foundation for a free information infrastructure FFII , la prima ad allarmare il settore su quanto sta accadendo e che ad IPRED2 dedica un sito ad hoc , IPRED2 prosegue sulla strada già segnata dalla prima direttiva IPRED ma, mentre la prima prevede l’imposizione di pesanti sanzioni civili a fronte di determinati illeciti, la seconda punta ad una criminalizzazione su larga scala , che tocca sì i provider e gli utenti ma anche gli sviluppatori di software.
Su questo è molto decisa la posizione di Free Software Foundation Europe che si focalizza sul rafforzamento di un sistema dei brevetti che, nonostante l’esclusione dei brevetti sul software, continua a consentire all’Ufficio omonimo europeo di registrare idee sul software . Con l’introduzione di IPRED2 l’eventuale violazione di questi pseudo-brevetti può tradursi in un reato penale.