Hong Kong – Continua l’allarme rosso per la libertà di espressione nel grade e distante Regno di Mezzo. In un paese come la Repubblica Popolare Cinese il prezzo per gridare la propria opinione, utilizzando anche un semplice blog , può essere addirittura la reclusione . Esattamente come nel caso di Huang Qi, il cyberdissidente del Sichuan incarcerato per le idee espresse online e premiato da Reporters Sans Frontieres come paladino della libertà d’espressione in Rete.
L’obiettivo di Huang, reduce da cinque anni di prigionia e torture, è svegliare quei 700mila e più utenti cinesi che possiedono un blog: “La radice d’ogni male è il sistema politico cinese: la libera circolazione di informazioni è la garanzia fondamentale che protegge libertà e democrazia”, ha tuonato Huang Qi dai microfoni di Radio Free Asia . Un messaggio carico di rabbia per la censura sistematica che distrugge la libertà d’espressione al di là della Grande Muraglia , là nella lontana Internet cinese.
Huang riattiverà al più presto il suo sito, Tiangwang , nella speranza che i cittadini prendano finalmente coscienza di ciò che il Partito Comunista Cinese sta facendo con la Rete: “quando ho creato quel sito web nel 2000”, aggiunge, “eravamo ancora in pochi: adesso penso che molte persone siano dalla mia parte”. Tiangwang, nel corso della sua breve esistenza, è stato la flebile voce del Partito Democratico Cinese. La Cina, stando a quanto detto da Huang su Radio Free Asia, teme la Rete perché può essere la scintilla di un incendio politico e sociale: “molti si chiedono perchè la Cina abbia raggiunto questa ricchezza economica senza alcuna riforma politica sostanziale – è semplice: senza informazione libera non ci può essere alcun cambiamento”.
Ma il tempo stringe e la liberazione della Rete cinese diventa sempre più improbabile. Infatti Pechino sta per avviare un nuovo, ennesimo progetto per tenere sotto controllo il web. Secondo quanto riportato da Reporters Sans Frontieres , una legge varata in questi giorni istituirebbe “un motore di ricerca che indicizza automaticamente tutti i siti web ospitati su server cinesi”. Questo nuovo strumento in mano alle guardie rosse telematiche verrà utilizzato per “individuare immediatamente tutti i siti che non sono stati correttamente registrati”.
Le più recenti disposizioni del Ministro dell’Informazione cinese vietano la pubblicazione anonima di contenuti online. Qualsiasi utente deve registrarsi presso gli uffici statali e ricevere un permesso . L’idea che il Partito Comunista ha della Rete è ben chiara: “Internet ha portato ricchezza a molte persone, ma ha portato anche tantissimi problemi come sesso, violenza, superstizione ed informazioni pericolose che danneggiano lo spirito dei citadini”, si legge sul sito del Ministro dell’Informazione di Pechino. Parole che ricordano da vicino, da molto vicino, quelle pronunciate appena ieri da Bashar Assad, presidente siriano.
Tommaso Lombardi