Dopo aver pubblicato la root key di PlayStation 3, che consente di far passare gli homebrew per codice ufficiale, il giovane hacker GeoHot si è automaticamente ritrovato nei guai con la legge. Spiattellando online quella manciata di righe top secret, il ragazzo ha reso praticamente open source la console Sony. L’azienda nipponica non è rimasta a guardare e lo ha subito trascinato in tribunale con l’accusa di aver spalancato la porta alla pirateria. Ma lo ha fatto presso il tribunale sbagliato.
Secondo quanto riportato dal sito Games Industry , la causa è stata esaminata a San Francisco ma il giudice distrettuale Susan Illston ha subito sollevato una serie di dubbi sulla legittimità della giurisdizione scelta. Secondo i legali Sony, la California sarebbe la sede giusta perché l’hacker ha usato diversi servizi con base in California come Twitter, YouTube e PayPal per compiere il suo clamoroso gesto da Robin Hood.
Per il giudice, invece, non ci sarebbero gli estremi per un processo nella città di San Francisco dato che il presunto crimine è stato compiuto nel New Jersey, dove George Francis Hotz risiede effettivamente. L’esistenza di un conto PayPal non rappresenterebbe un motivo valido per processare in California ogni crimine informatico del mondo, anche se i fan del jailbreak hanno inviato simboliche donazioni a quell’indirizzo.
L’inaspettata decisione ha momentaneamente bloccato il giudizio sull’ordine restrittivo, rinviato a data da definirsi. Una ulteriore doccia fredda per Sony, speranzosa di archiviare al più presto la pratica, e un mezzo sospiro di sollievo per tutti gli hacker coinvolti nella storia.
Nel frattempo, con le “istruzioni” della firma digitale ormai diffuse nei vari forum underground, iniziano a spuntare le prime utility PS3 fatte in casa. Tra custom firmware dalla dubbia stabilità e hack eticamente scorretti, in grado di sbloccare i Trofei PlayStation senza neppure giocare una partita.
Roberto Pulito