Nonostante la diatriba sulla giurisdizione di competenza, i legali di Sony Computer Entertainment sono riusciti ad ottenere un primo significativo risultato nella causa intentata contro l’hacker GeoHot, colpevole di aver reso pubblica la root key di PlayStation 3 che consente di rendere “ufficiale” un qualunque codice homebrew.
Il tribunale della California ha fatto scattare quell’ ordine restrittivo richiesto da Sony e per il momento George Francis Hotz non potrà più avvicinarsi, con cacciavite e mouse, alla console giapponese. L’ordine restrittivo è temporaneo, ma il giudice ha anche disposto il sequestro di tutti i dispositivi utilizzati dal ragazzo per mettere a nudo la PS3. Oltre a GeoHot sono coinvolti gli altri membri del team fail0verflow , autori della scoperta.
Contemporaneamente, il colosso nipponico ha anche rilasciato un aggiornamento software, pensato per salvare il salvabile: installando il nuovo firmware 3.56 sulla PS3 non è più possibile lanciare niente di non autorizzato. Purtroppo per Sony, l’attività della comunità hacker prosegue anche con GeoHot fermo ai box, e al momento sembra che un altro team stia lavorando per violare le nuove protezioni introdotte dalla patch.
In realtà, nelle intenzioni originarie lo sblocco doveva servire per ripristinare l’installazione di un differente sistema operativo sulla console. Inizialmente la PS3 era aperta a questa possibilità, ma la feature ufficiale è stata sradicata dallo scorso aprile , proprio per motivi di sicurezza.
Anche secondo l’ associazione dei consumatori norvegese bisognerebbe distinguere meglio tra pirateria e libertà d’utilizzo. Gli aggiornamenti che compiono passi indietro, invece di limitarsi ad aggiungere nuove caratteristiche, non rispetterebbero il profilo del prodotto acquistato inizialmente.
Roberto Pulito