Psiphon, il progettone nato nel 2006 per portare soccorso ai netizen colpiti da provvedimenti net-censori , si arricchisce di qualche novità. Finora, dice Michael Hull, ingegnere software del progetto, c’è stato un problema: “C’è ancora un tallone d’Achille per chi vive in un paese sotto censura, deve cioè conoscere qualcuno che viva in un luogo come ad esempio Boston”. Una persona di cui il censurato deve sapere l’indirizzo IP. Per aggirare quest’ostacolo, Citizen Lab sta realizzando un nuovo servizio, chiamato Psiphon Web Service, un particolare server Web, accessibile con traffico cifrato, utilizzabile a distanza. Una sorta di desktop remoto pronto all’uso.
Con tale accorgimento, anche coloro che vivono in paesi sotto censura possono creare un nodo d’accesso senza dover scaricare e usare il relativo software, operazione che potrebbe esporre ad una sorveglianza mirata. “Vogliamo dare la possibilità a chi vive in paesi in cui si pratica la censura di rete di avere i propri nodi d’accesso”, dice Hull.
L’opportunità è stata studiata sulla scorta dei risultati degli studi di Open Net Initiative , da cui emerge che Burma, Iran, China e Vietnam sono tra i principali paesi dai quali la vista della rete può apparire molto diversa rispetto al resto del mondo, spiega Technology Review .
La funzionalità di Psiphon, per alcuni aspetti, ricorda quella della rete di anonimizzazione Tor . La tecnologia alla base è dunque il proxy . Ma far girare un nodo Psiphon in un paese sotto censura sarebbe un grosso rischio, come evidenziato da Hull.
L’idea è quella di creare una sorta di front-end , condiviso e conosciuto tramite passaparola. In altri termini, sarà un determinato utente che, partendo da un paese sotto censura, avrà assegnato da Psiphon un indirizzo IP unico in un paese libero, presso il quale potrà indirizzare le richieste proprie e degli altri utenti nel suo stesso paese, con i quali condivide l’accesso. Il traffico che si svolge tra il paese censurato e quello libero è un normale traffico cifrato, molto simile a quello generato da una sessione di online banking .
Nel caso in cui i governi chiudano i lucchetti , spiega Hull, è facile bloccare tutta la rete Tor. Viceversa, molto più difficile sarebbe fermare una notevole quantità di singoli front-end sparpagliati per il paese. “Una grande organizzazione governativa non potrebbe condurre un’operazione su questa scala – conclude Hull – dovrebbe infatti individuare ogni singola macchina e introdurla in una black-list “.
Marco Valerio Principato