Anche se il PlayStation Network è tornato finalmente online, la polemica non accenna a raffreddarsi. A due mesi dal clamoroso blocco del servizio, causato dall’intrusione fra i dati sensibili degli utenti iscritti, si torna infatti a parlare di class action .
Tre utenti di New York hanno intentato una nuova causa contro il colosso nipponico, chiedendo il rimborso del prezzo sborsato per l’acquisto delle console PlayStation 3, degli abbonamenti al PSN e un ulteriore indennizzo sotto forma di “punitive damages”, i danni esemplari.
Secondo gli accusatori americani Sony avrebbe peccato di lassismo: l’azienda sapeva di lavorare con sistemi di codifica inadeguati e software obsoleti , già da tempo. La nuova class action sfrutta le testimonianze illustri di ex dipendenti SCEA e SOE .
Stando a queste dichiarazioni, appena due settimane prima del cyber-attacco la multinazionale giapponese avrebbe addirittura abbassato la guardia e ridotto ulteriormente i costi in quel settore, licenziando diversi membri del Network Operations Center, il team che si occupa della sicurezza sui server.
Dopo aver ripristinato i servizi il colosso nipponico ha comunque messo in piedi un programma di bentornato , che varia da paese a paese, spaziando tra contenuti speciali gratuiti, rimborso per gli account mensili inutilizzati e abbonamenti omaggio al programma anti-frode . Ma tutto questo potrebbe non bastare.
Roberto Pulito