Che in Australia l’accoppiata Internet e minori sia indice di temi delicati è ormai cosa nota , ma ora siamo al giro di vite. A Queensland, un 60enne padre di quattro figli è stato denunciato per aver ri-pubblicato sul suo profilo di Liveleak un celebre video da tempo in circolazione in rete che ritrae un padre nell’atto di giocare in maniera poco ortodossa con il proprio figlio, strapazzandolo – a detta dei molti che hanno visionato il filmato – al pari di una bambola di pezza.
A quanto pare il video ha suscitato fastidi in qualche utente britannico che ha denunciato alle autorità del proprio paese la presenza di quel materiale sulla pagina di Chris Illingworth. L’accaduto è stato quindi segnalato alle autorità australiane che non hanno esitato a far perquisire l’abitazione dell’uomo dalla Task Force Argos , gruppo specializzato in reati a sfondo pedopornografico. Una volta all’interno dell’appartamento di Illingworth, gli agenti hanno quindi attaccato un tool di analisi al laptop dell’uomo per scansionare rapidamente il contenuto dell’hard disk. Non avendo trovato nulla di giuridicamente rilevante hanno rivolto le proprie attenzioni al PC del suo ufficio, anch’esso completamente pulito.
Il video, da tempo presente in rete, pare essere stato creato originariamente in Russia, salvo fare poi il giro del mondo tra web e televisione per via della controversia che cela: nonostante il bambino ritratto se la rida, i metodi utilizzati dal padre sono stati ampiamente criticati da più di un utente, giudicandoli al limite della violenza.
Nonostante gli agenti non abbiano trovato nulla e nonostante non sia l’artefice del video, l’uomo è stato comunque denunciato con l’accusa di accesso e pubblicazione di materiale relativo ad abusi su minori, con conseguente convocazione ad apparire davanti ad una corte il prossimo 18 dicembre. Ma non solo: Illingworth è stato schedato, fotografato, gli sono state prese le impronte digitali, nonché un campione di DNA.
Una decisione non condivisa dall’imputato che ha dichiarato di vedere in frantumi la sua intera vita e di non sopportare l’idea di essere paragonato ad un pedofilo: “Io non ho fatto nulla, non ero io a giocare con il bambino. Ho solo caricato sul mio account sul mio sito, senza alcun intento sessuale” ha dichiarato l’uomo. “Sono stato costretto ad andare in ospedale, la mia pressione sanguigna è 160/108 e mi tengono sotto valium. Tutto per colpa di quel che sta accadendo. Chi accusa si rende conto del dolore che causa? Potrei non uscirne vivo. Non riesco nemmeno a finire il lavoro, sono praticamente uno zombie”.
Effettivamente tutta la vicenda potrebbe sembrare viziata da uno zelo eccessivo, già visto anche in altri casi. Come esempio, basti citare la 15enne arrestata per aver inviato autoscatti lascivi di sé via MMS ai suoi compagni, oggi a rischio di finire persino nella lista pubblica dei molestatori. Attestati di solidarietà sono giunti addirittura dal fondatore di LiveLeak e dagli utenti che hanno pubblicato diversi video in difesa di Illingworth, per “combattere l’ingiustizia”.
Dello stesso avviso anche Colin Jacobs, vice direttore del gruppo per la tutela dei diritti dei netizen Electronic Frontiers Australia ( EFA ), secondo il quale “abbiamo raggiunto il punto in cui ogni genitore deve pensarci su due volte prima di postare una foto dei propri figli su un sito di photo-sharing. Casi come questi sembrano indicare che si è andati oltre il punto del sensibile ed entrati nel territorio dell’isteria”.
Vincenzo Gentile